Noi dell'esercito degli scarsi e il gusto perverso di quella Go Pro che ci inquadra

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È strana la percezione che abbiamo di noi stessi. Quando facevo le prime guide insieme all’istruttore per prendere la patente, mi sembrava di non avere il tempo di fare nulla: cambia la marcia, controllo gli specchietti, metti la freccia, eppure ero obbligato a rispettare ogni limite di velocità e quindi andavo al massimo ai 50 all’ora. A pensarci adesso un ritmo lentissimo. 

Da qualche tempo, quando mi alleno sul campo da Padel, ho preso l’abitudine di attaccare con la ventosa una Go Pro alla parte che sta dietro di me. Dico a tutti che è per analizzare gli errori e migliorare, ma si tratta solo di incredibile curiosità e anche una bella dose di compiacimento. Non è facile, per noi schierati sempre nell’esercito degli scarsi, avere l’opportunità di rivedersi. Nel fine settimana spesso mi scarico i filmati sul computer e poi passo il tempo a riguardarmi con la mia fidanzata, che giustamente pensa che io abbia qualche serio problema mentale. E ancora peggio, li condivido con gli amici su whatsapp e li commentiamo come se fossimo davvero al World Padel Tour. 

L’ultima volta mi sono superato e ho addirittura caricato una mia giocata sulle storie di Instagram e un mio caro amico, brutale e diretto, mi ha aperto gli occhi su una grandissima verità: «Rispetto a quelli di Sky andate veramente piano». Per qualche giorno non gli ho risposto, offeso come non mai, poi ho pensato di dirgli che quello che lui guarda dal divano è il World Padel Tour. Alla fine ho incassato il colpo e analizzato la sua disamina tecnica. Ha proprio ragione, sembra di vedere gente che gioca a rallentatore. È qui che mi sono venuti in mente i primi tempi in cui guidavo, le difficoltà e la percezione di dover fare tutto alla velocità della luce. È la stessa cosa che mi accade in campo, da dentro mi sembra di giocare davvero a un grande ritmo, di far andare le gambe, il braccio e la testa a una rapidità incredibile. E invece? 

Non è stato facile superare il trauma e ammettere la più amare delle verità: siamo delle pippe al sugo, come direbbero a Roma. Però quanto ci divertiamo. 

P.S.: al mio amico non gli ho ancora risposto, anzi non gli parlo più. Lo aspetto in campo. 

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