La difesa del Cesena gioca a memoria. "Mi giro verso i miei compagni e vedo sempre gli occhi giusti"

CESENA. Andrea Ciofi, che effetto fa avere la miglior difesa del campionato?

«È una grande soddisfazione, ma è soprattutto uno stimolo. Aver preso meno gol di tutti ti responsabilizza ancora di più: vogliamo continuare così e magari migliorare. Se ripenso a come avevamo cominciato, prendendo qualche gol di troppo e faticando sulle palle inattive, sono doppiamente contento».

Qual è il segreto dell’imbattibilità?

«La voglia e la fame che abbiamo. Durante la partita, quando mi giro verso Noce, Cola, Benassi, Valeri o anche Agliardi, vedo che siamo tutti concentratissimi e vedo gli occhi giusti. A volte basta uno sguardo per capirci al volo e anche sul 4-0, come a Santarcangelo, non prendere gol diventa una sfida da vincere».

Con Agliardi in porta cosa è cambiato?

«Federico è un aiuto, ti parla, ti corregge, ti consiglia, ti guida. E’ come avere un allenatore in porta. Stesso discorso per Benassi».

Lei preferisce un portiere tranquillo come Agliardi o un portiere che urla come Sorrentino?

«Io preferisco un portiere che dice le cose giuste al momento giusto, poi non importa come le dice, perché è un aspetto soggettivo. In questo, Fede è perfetto».

Per ora qual è stato l’attaccante più difficile da marcare in campionato?

«Senza dubbio Cheddira della Sangiustese, un toro. Tra l’altro è anche l’unico attaccante under che ho trovato in queste otto giornate (Ciofi non ha giocato solo a Jesi per squalifica, ndr). Contro Cheddira mi sentivo bene, ma ho commesso errori clamorosi che per fortuna non ho più ripetuto».

Lo sa che nella Recanatese c’è un bomber di razza come Pera?

«Non lo conosco, lo studieremo al video. I numeri parlano per lui».

È vero che un anno fa in Primavera aveva un rapporto speciale con Rivalta?

«Quando sono arrivato a Cesena a gennaio, mi ha accolto molto bene. Mi ha dato tanti consigli soprattutto sulla gestione della palla e su come comportarmi con gli attaccanti più forti fisicamente. Io sono più alto, ma un po’ ci assomigliamo e anche io, come lui, devo quasi sempre lottare con difensori molto più grossi di me».

Qual è il ricordo più bello che conserva dei tempi della Roma?

«Ovviamente gli allenamenti con la prima squadra, marcare Totti e tutti gli altri fuoriclasse. Ma il momento più bello e anche più toccante è stato un altro: l’amichevole che ho giocato all’Olimpico contro la Chapecoense (la squadra brasiliana ricostruita dopo la tragedia aerea in Colombia, ndr). Fu davvero molto emozionante».

Al suo arrivo a Cesena dichiarò che il suo calciatore preferito è Marquinhos. Come mai?

«Quando è venuto a Roma, mi ha davvero colpito. Piccolo, agile, magro, giovane. Lo seguo con affetto, perché mi rivedo un po’ in lui. Quando era a Roma, era magro come me, poi col tempo si è ingrossato».

Quest’anno, nello spogliatoio, avete costituito il clan dei romani.

«Siamo molto uniti. Io e Alessandro romanisti, Valeri e Tortori laziali. È come stare a casa, poi Danilo scherza sempre. Andiamo sempre tutti insieme a cena. Non potevo trovare uno spogliatoio migliore».

Tra i non romani, invece, chi l’ha colpita?

«Ricciardo. È una persona meravigliosa e in campo è un esempio. Per noi difensori, poi, affrontarlo in settimana è molto allenante».

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