Andrea Dovizioso messo in ginocchio dal gioco di squadra

FORLÌ. Il “gioco di squadra” di casa Ducati ha messo in ginocchio Andrea Dovizioso. Il forlivese potrebbe guidare la classifica con 11 punti di vantaggio su Marquez, ma le battaglie inutili con Lorenzo gli hanno tagliato le gambe. Una mezza verità è scappata a Dovi quando, intervistato da Guido Meda alla guida di una lussuosa Lamborghini, ha ammesso di aver sofferto il compagno spagnolo in Malesia e a Valencia, quando la Ducati 99 era stata davanti allo 04. «Ma quale aiuto – ha risposto Andrea – mi ha dato fastidio. Ma quando lui dice che voleva aiutarmi lo crede davvero. Ho provato a parlargli, ma lui è convinto».

Ma è possibile? In Ferrari non metterebbero mai un compagno sgradito a Vettel, o in Mercedes a Hamilton. In Honda e Yamaha sono stati sempre attenti all'equilibrio del box, in Ducati no. “Corrono entrambi liberi di dare il meglio e ciascuno vuole vincere battendo tutti” questo il motivetto che si sente nello “spogliatoio” ducatista. E così fa bene Petrucci ad arrivare davanti al Dovi a Misano 2017, portandogli via punti mondiali, mentre per Petrux un 2° o un 3° non faceva differenza. Quei 4 punti che sarebbero serviti al forlivese per vincere il titolo.

Eppure in ogni squadra che si rispetti la figura del “capitano” va tutelata. Quando Valentino Rossi si è sentito allo stesso livello di Lorenzo è andato in Ducati e lo stesso ha fatto Jorge quando Vale è tornato e non si sentiva più la punta di diamante.

Ducati ha il miglior mezzo della MotoGp e in classifica è dietro a tre Yamaha. Dovi, per saltare un Lorenzo che sarebbe calato a Jerez, è andato lungo ed è finito coinvolto nella caduta di Jorge, che si era toccato con Pedrosa, proprio per ripassare il romagnolo. Sarebbe servito un chiaro ordine di scuderia: se Dall'Igna, Ciabatti e Tardozzi avessero detto a Lorenzo, di dar strada al Dovi, seguirlo e magari attaccare all'ultimo giro, avremmo 20 punti in più nel taschino di Andrea.

Se a Le Mans avessero impartito la stessa disposizione, avremmo avuto altri 20 punti per Dovizioso, che invece si è steso per cercare un sorpasso al limite su Jorge che gli faceva da tappo. Al Mugello è arrivata la doppietta, a Barcellona, infine, l'errore è stato di Dovi, tutto suo. Ma i 40 punti persi nel duello casalingo pesano.

Ha senso sfibrare un pilota già teso per lottare con Marquez, lasciandogli a fianco un compagno “avvelenato” che nel 2019 sarà Honda e della Ducati ha detto peste e corna? Facendo un rapido conteggio, sono 56 punti in più, senza fare nulla di eccezionale, solo applicando strategie chiare nel box senza penalizzare nessuno. Dai possibili 126, cioè +11 su Marquez, la realtà dice che sono 49 in meno.

Sportività e paradosso

Un team di assoluto livello che punta al titolo non può permettersi di gestire le gare così. Ben diverso quando Andrea Iannone centrò Dovizioso nel 2015, erano le battute finali della gara e Ianna ci provò, una volta in una stagione può succedere. Ma avere un Lorenzo che a Jerez e Le Mans rallenta Dovi e lo costringe all'errore nelle prime battute di gara è un suicidio. Così ora Ducati ha 66 punti con Dovizioso e Lorenzo mentre Petrucci, che salirà sulla Gp19 il prossimo anno ne ha 71. Insomma, a Borgo Panigale sanno fare le motociclette, ma non sanno poi gestire i piloti, per esperienza chiedere a Loris Capirossi e Casey Stoner.

Ora i boss di casa Ducati si trovano con un Dovi demolito, un Lorenzo che li sbertuccia ogni volta che vince con la loro moto e un Petrucci che vede il sellino su cui salirà scomodo-scomodo. Con Livio Suppo, direttore sportivo che lanciò per fortuna Stoner in Ducati e poi se lo portò in Honda, questo non sarebbe successo. La triade Ciabatti-Dall'Igna-Tardozzi è fatta di persone appassionate e oneste, ma per dare gli ordini serve un altro manico.

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