«Il calciatore forte nasce da club forti. Che errore vendere i talenti in erba»

Calcio

Davide Ballardini, nella stagione 2017-2018 hanno giocato 5 romagnoli in serie A e 10 in serie B, in grande maggioranza riserve. Quando legge certi numeri, che riflessione si sente di fare?

«Mi viene spontaneo pensare a un’inchiesta di tanti anni fa del Corriere Adriatico sulle squadre Primavera. Nei miei due anni alla guida del Cesena Primavera 24 giocatori su 36 arrivarono tra i professionisti, dalla C alla A. In quel momento storico (dal 1993 al 1995, ndr) il Cesena era primo in Italia e in Europa in questa classifica. Fu un grande orgoglio».

Oggi invece chi esce dalla Primavera e gioca subito da protagonista in una prima squadra è una rarità, quasi un marziano.

«È vero, diventa sempre più dura. Sta resistendo il Cesena in qualche modo, penso ai recenti lanci di Valzania o Dalmonte. Resta il fatto che per il movimento romagnolo il Cesena è il motore di tutto, ma negli ultimi anni a livello tecnico non ha fatto il Cesena».

In che senso?

«Capisco tutte le problematiche economiche, ma io sono un tecnico e devo guardare al lato tecnico: è un dato di fatto che talenti come Carnesecchi, Giovane e tanti altri siano stati venduti in tenera età. Credo che dirigenti storici come Manuzzi o Lucchi siano lì che si rigirano nella tomba pensando a tutto questo. Ripeto: il Cesena è l’anima calcistica della Romagna e ha sempre portato avanti i ragazzi dal settore giovanile alla prima squadra. Oggi purtroppo nel nostro calcio prevalgono altri valori e vedo meno attenzione ai tempi tecnici di maturazione».

I tanti stranieri nei principali campionati sono un problema reale o un falso problema?

«Un falso problema, soprattutto se pensiamo al Cesena, che ha lavorato tanto sul territorio romagnolo. Giustamente, aggiungo».

È vero che è cambiata la qualità dei ragazzi da allenare ed è più dura chiedere dei sacrifici ai giocatori?

«No, non credo. Credo piuttosto che sia cambiato il contesto, il mondo circostante, e i ragazzi sono più deboli e confusi. Prima un giovane calciatore aveva due interlocutori: l’allenatore e la società, fine. Pendeva dalle loro labbra e un istruttore aveva grande forza e autorevolezza. Oggi il ragazzo è condizionato da tante altre voci, da certi genitori che esagerano ai procuratori che spuntano loro attorno in tenerissima età. È diventato tutto più difficile, ma i ragazzi in gamba ci sono».

Se nel prossimo Consiglio Federale lei avesse 5 minuti di tempo per un intervento sui settori giovanili, su quali temi insisterebbe?

«Sull’esigenza di dare più forza a società e istruttori, ponendo argini a genitori, agenti, simil-agenti e così via. Bisogna ripartire dalla competenza, da figure serie e preparate e da valori sportivi sani. Non è possibile che a un ragazzo bravino di 13-14 anni si inizi a parlare di sponsor, di scarpini, di agenti: in questo modo gli si riempie la testa di niente».

Oggi dove nascono i giocatori forti?

«Da società forti. Quando una società è strutturata e autorevole, lancia i giovani nel modo giusto e i risultati si vedono: penso a Juventus, Inter o Atalanta».

Lei e Andrea Mandorlini siete gli unici allenatori romagnoli tra A e B. Esiste una scuola romagnola di allenatori?

«Certo che esiste. Una scuola fatta di competenza, tenacia, scaltrezza e soprattutto capacità di sapersi adattare alle situazioni, anche alle più difficili. L’allenatore romagnolo ha talento, ma in un senso particolare».

Ovvero?

«Avere talento per me significa essere curiosi, tutti i giorni. È la voglia costante e quotidiana
di imparare qualcosa di nuo-
vo».

Ci dice un allenatore romagnolo che poteva avere una carriera più brillante di quella che ha avuto?

«Ne dico due. Uno è un talento puro come Natale Bianchedi: è stato consulente tecnico di Sacchi, Capello e Ancelotti, ma avrebbe potuto allenare ad alti livelli. Un altro straordinario esempio è Firmino Pederiva, che mi ha allenato ai tempi delle giovanili del Cesena. Pederiva era competenza e amore per il gioco».

Tra colleghi, voi allenatori siete molto competitivi. In definitiva, in Romagna chi è più bravo: Ballardini o Mandorlini?

«Mandorlini».

Davvero?

«Certo: Andrea ha idee, personalità e lavora tanto. E’ bravo e sottovalutato».

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