Cesena, una maledizione

PESCARA. All’undicesima curva, dopo 10 giornate illibate, si è acceso anche il semaforo rosso. Il Cesena, ingolfato e ammaccato come non mai, rallenta bruscamente e dopo tre mesi si ferma: all’incrocio passa il Pescara, con la sua carovana di ottimi giocatori e vecchi mestieranti governati da quel marpione di Cosmi. Ma di rosso, purtroppo, dopo la prima sbandata del 2014 (che fa retrocedere il Cesena al 6° posto) non c’è solo il semaforo ma anche e soprattutto la spia della riserva, che lampeggia inesorabile. In questo momento la squadra di Bisoli è spompata e spolpata sia dentro che fuori dal campo, con una batteria di assenti da far paura e una di presenti non al top. Il problema di ieri non erano solo i tre portieri e i cinque giocatori di movimento regalati al Pescara, ma anche le precarie condizioni di alcuni protagonisti buttati in campo quasi per forza, perché in panchina non c’era altro e chi c’era (Rodriguez) non era pronto. Per fare un esempio, pur tenendo in mano il volante della partita nel primo tempo e rischiando solo sulle palle inattive, il Cesena ha tirato in porta solo due volte e sempre con un centrocampista (Gagliardini) mentre Defrel, Succi e Marilungo hanno dimostrato di non essere in condizione. Pur avendo battuto il Pescara nel possesso palla, nella supremazia territoriale e nei passaggi effettuati, il Cesena è completamente mancato davanti e di conseguenza è scivolato.

Possesso. Tira una bruttissima aria fin dal riscaldamento: senza il suo cannoniere, Bisoli riesuma il passo blando di Succi, letteralmente stritolato dall’assetto ultra-difensivo di Cosmi, che al via presenta 6 difensori di ruolo (i tre centrali, gli esterni Salviato e Rossi e soprattutto il gigantesco Zuparic, che spesso si abbassa per schermare le trame del Cesena). Il 3-4-2-1 del Pescara, quando la Romagna bianconera muove la palla (sempre nei primi 30 minuti, un po’ meno dopo) diventa così un 5-4-1 con l’ottimo Sforzini addetto ai palloni sporchi davanti. L’uomo di Porretta parte invece con l’annunciato 4-4-2, che nel Lato A mostra una crepa importante non tanto a centrocampo, dove Gagliardini recupera e prova a comandare, quanto in difesa, sulla destra: Camporese è il punto debole, anche per colpa di un telaio ammaccato.

Occasioni. I progetti iniziali di 4-4-2 durano poco più di mezz’ora, con Bisoli che all’11’ inverte gli esterni prima di cambiare soluzione al 35’, quando Defrel diventa mezzala e Marilungo si allarga a sinistra (4-3-3). Al momento di tirare le somme, però, le due squadre si equivalgono e su azione creano appena un brivido a testa (tiro-cross di Rossi al 6’, semirovesciata masticata di D’Alessandro all’11’). E così, a fare la differenza, sono le palle inattive, dove il Pescara è straripante anche per l’immobilismo di una difesa che senza Capelli prende sempre due gol. L’incerto Rossini è graziato prima da Sforzini e poi da Caprari, mentre nel mischione del 43’ viene incenerito dal tocco da biliardo di Zuparic.

Resa. Per la terza volta consecutiva il Cesena va sotto e comincia a boccheggiare, ma contro Carpi e Trapani la spina dorsale della squadra era in campo, stavolta no. E chi c’è, soprattutto dalla cintola in su, non è in partita (D’Alessandro) o è completamente spento (gli altri). Così, nella burrasca, i valorosi Gagliardini e De Feudis sono troppo poco per evitare il collasso e provare a rimontare. Bisoli, che aveva lasciato nello spogliatoio Camporese (dentro Consolini), incassa così anche il 2-0 di Politano, prima di passare al 4-2-3-1 della disperazione con Garritano trequartista per l’invisibile Succi. Gagliardini lancia un mini-cicciolo dalle parti dell’inoperoso Pelizzoli (unico tiro in porta su azione), poi Marilungo spreca il 2-1 calciando nel parcheggio da buona posizione. Il Cesena chiude con il deb Pedrabissi (due 1991, un 1994 e un 1995 nel quartetto di attaccanti) e spreca anche l’episodica chance per riaprire una partita chiusa, con il terzo rigore (su 5) gettato alle ortiche, questa volta da Gagliardini. Che, perlomeno, al momento di calciare non si è strappato. Ecco l’unica buona notizia.

 

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