«Chissà che la Coppa Campioni non riesca a vincerla da manager»

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Mario Chiarini come ha iniziato a giocare a baseball?

«Ho cominciato negli anni ’80, giocando per strada con gli amici. Avevo provato anche il calcio ma la passione per il baseball prese il sopravvento e decisi di dedicarmi solo a questo sport».

A 18 anni è partito per andare a giocare in America, che ricordo ha della sua esperienza a stelle e strisce?

«Ero all’inizio della mia carriera, avevo appena finito la scuola e andavo a giocare con i professionisti americani, era un sogno che si realizzava. È stata un’esperienza positiva che mi ha fatto maturare molto caratterialmente e mi ha dato le basi tecniche sulle quali ho costruito la mia carriera».

Un italiano che gioca a baseball, com’era visto dai suoi compagni di squadra americani?

«Oggi, grazie alla globalizzazione, è normale vedere un italiano che gioca a baseball o un cinese che fa calcio. Allora invece la mia presenza era considerata strana dal punto di vista sportivo, un italiano nella patria del baseball era qualcosa di particolare. Tutto sommato mi sono integrato bene e non ho mai avuto problemi».

Una partita indimenticabile?

«Di una carriera si ricordano soprattutto i palcoscenici più importanti: l’Olimpiade di Atene, i due campionati Europei vinti nel 2010 e nel 2012, senza scordare che quando giocavo a Rimini, ho vinto tre scudetti e quattro Coppe Italia».

E invece una da dimenticare?

«Non ne ho una in particolare. Così come le vittorie, ci sono state tante sconfitte: momenti difficili che vanno superati e ti aiutano a crescere».

Come sta andando il suo debutto da allenatore del San Marino Baseball?

«A gennaio ho cominciato ad allenare i miei ragazzi. Con loro mi ero già confrontato l’anno scorso, a fine stagione, appena mi era arrivata la proposta. È un’occasione che non viene offerta a tutti e che sto affrontando con estrema serenità».

È pronto a gestire giocatori con caratteri vivaci, magari un... giovane Chiarini?

«Non sono mai stato un ragazzo difficile, forse ero un po’ impulsivo e comunque mi piace rapportarmi con giovani che hanno una forte personalità. Il baseball ti fa crescere e ti forma molto dal punto di vista caratteriale, è facile che ragazzi che si avvicinano a questo mondo possano cambiare nel tempo e diventare più maturi grazie a questo sport».

Ha un allenatore come punto di riferimento?

«Ho avuto molti allenatori nella mia carriera, personaggi con caratteri diversi e ognuno di loro mi ha permesso di imparare qualcosa. Mi sono sempre confrontato con tutti, dal manager ai miei compagni, ho un grande bagaglio di esperienza e oggi, nel ruolo di allenatore, metto a frutto tutto quello che ho assimilato da ognuno di loro».

A livello professionale le è mancato qualche obiettivo che vorrebbe raggiungere da allenatore?

«Da allenatore mi piacerebbe vincere almeno tanto quanto ho vinto da giocatore. Nel mio palmares manca la vittoria in Coppa dei Campioni. È un trofeo particolare, ma chissà che non lo vinca proprio nella veste di allenatore».

Segue altri sport?

«Seguo un po’ tutti gli sport, dal baseball americano, al golf, senza dimenticare il calcio: tifo Milan».

Cosa le piace fare nel tempo libero?

«Nel tempo libero mi rilasso guardando serie tv e andando al cinema con mia moglie Virginia. In inverno mi piace fare snowboard con gli amici».

Ha un passato da obiettore militare al Corriere Romagna, che ricordo ha di quell’esperienza?

«Per evitare di fare il servizio militare e perdere così la possibilità di allenarmi, ho collaborato con il Corriere Romagna a Rimini. Facevo il tuttofare: andavo alle poste, consegnavo i giornali e lavoravo in segreteria. Il primo giorno fu indimenticabile: mi avevano sistemato in una stanza con librerie di vetro, io ne urtai una che si frantumò a terra, ricordo ancora il boato clamoroso. Avevo paura che mi cacciassero subito invece mi tennero per un anno intero».

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