Sangue romagnolo

Rimini

Sono figlio di una piemontese e di un romagnolo, come testimonia il cognome che mi fa sentire a casa solo in Romagna, perché altrove viene storpiato in Grammellini, Grammelini, Gramelini. Pur essendo cresciuto a Torino, dove i nonni forlivesi si erano trasferiti per lavoro, la Romagna rimane il profumo delle mie estati: ne ho imparato il dialetto da bambino, ascoltando le conversazioni interminabili tra il babbo e i suoi amici, sempre incentrate su temi decisivi: le donne, il cibo, i motori, ma soprattutto se Cesena sia più o meno importante di Forlì e se entrambe contino più di Rimini e Ravenna.
Il mio romagnolo del cuore era un cugino del babbo. Aveva fatto abbastanza fortuna da potersi permettere una Dino Ferrari che in dieci anni avrà percorso sì e no una cinquantina di chilometri. La toglieva dal garage soltanto la sera, dopo il lavoro, per attraversare la piazza e farla rombare in faccia agli amici del bar. Poi la riparcheggiava in garage e raggiungeva gli amici in bicicletta.
Riconosco di non essere un giudice imparziale: dei romagnoli mi piace tutto, ma più di tutto le romagnole, che fin da bambino rappresentano il mio ideale estetico, erotico e anche etico: sono le donne più coraggiose che ho mai conosciuto. La mia Romagna sono loro, è il sangue anarchico e passionale che mi scorre nelle vene, il mio idealismo e anche la mia permalosità. E’ l’ultima passeggiata per le strade di Forlì con il babbo, poco prima che morisse: il suo testamento sentimentale.
La mia Romagna è questo giornale che ne incarna lo spirito fantasioso e indomabile. Sono fiero di essere romagnolo e di leggere il Corriere Romagna.
Sono figlio di una piemontese e di un romagnolo, come testimonia il cognome che mi fa sentire a casa solo in Romagna, perché altrove viene storpiato in Grammellini, Grammelini, Gramelini. Pur essendo cresciuto a Torino, dove i nonni forlivesi si erano trasferiti per lavoro, la Romagna rimane il profumo delle mie estati: ne ho imparato il dialetto da bambino, ascoltando le conversazioni interminabili tra il babbo e i suoi amici, sempre incentrate su temi decisivi: le donne, il cibo, i motori, ma soprattutto se Cesena sia più o meno importante di Forlì e se entrambe contino più di Rimini e Ravenna.Il mio romagnolo del cuore era un cugino del babbo. Aveva fatto abbastanza fortuna da potersi permettere una Dino Ferrari che in dieci anni avrà percorso sì e no una cinquantina di chilometri. La toglieva dal garage soltanto la sera, dopo il lavoro, per attraversare la piazza e farla rombare in faccia agli amici del bar. Poi la riparcheggiava in garage e raggiungeva gli amici in bicicletta.Riconosco di non essere un giudice imparziale: dei romagnoli mi piace tutto, ma più di tutto le romagnole, che fin da bambino rappresentano il mio ideale estetico, erotico e anche etico: sono le donne più coraggiose che ho mai conosciuto. La mia Romagna sono loro, è il sangue anarchico e passionale che mi scorre nelle vene, il mio idealismo e anche la mia permalosità. E’ l’ultima passeggiata per le strade di Forlì con il babbo, poco prima che morisse: il suo testamento sentimentale.La mia Romagna è questo giornale che ne incarna lo spirito fantasioso e indomabile. Sono fiero di essere romagnolo e di leggere il Corriere Romagna.

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