"Referendum elettorale a San Marino, chi governa lo decideranno i partiti e non i cittadini"

San Marino

SAN MARINO. No al referendum che modifica una legge elettorale «ancora valida» e che invece «viene spacciato come un quesito contro l’attuale governo». Il Comitato “No Ballottini”, costituito per opporsi al comitato promotore del referendum per la modifica della legge elettorale, ha incontrato ieri la stampa per spiegare la contrarietà al quesito che ha passato il vaglio del collegio dei Garanti e per cui gli “avversari” stanno raccogliendo le firme. Tra i rappresentanti del Comitato volti vicini alla maggioranza: Vladimiro Selva, Ivan Foschi, Enzo Colombini, Andrea Tini, Matteo Ceccaroni, Stefano Cervellini, cui si aggiunge l’ex Psd Marino Riccardi. A monte della costituzione come comitato contrario, spiega Selva, la volontà che il referendum si possa svolgere tra la cittadinanza nel modo più consapevole possibile. «Ci sembra - motiva in primis Selva - che un quesito preciso, volto a modificare una legge elettorale con molti punti di validità, sia spacciato come un quesito contro l’attuale governo, con un risvolto prettamente politico». Nella sostanza, invece, la novità prevista dal referendum «riporta nelle sedi dei partiti le decisioni di alleanze di governo - sottolinea Selva - senza che i cittadini possano esprimere una propria opinione in merito». Se dovessero vincere i “sì”, con le modifiche alle norme «si incassa al primo turno il voto - chiarisce - e con chi si va a governare lo decidono poi i dirigenti del partito», non prima delle elezioni come avviene oggi. Oppure «c’è anche il rischio - chiosa - che a deciderlo siano poteri esterni sulla testa dei cittadini, come avvenuto in passato». Di qui lo slogan del comitato “No alle spalle dei cittadini, no ai ballottini”. Matteo Ceccaroni punta il dito contro un referendum che «sta sempre più prendendo una piega politica, mentre inciderà sulla totalità dei cittadini, non per una sola parte». Ribadisce il concetto Andrea Tini: «Su questo quesito l’indirizzo politico non ha ragione di essere». A rafforzare l’idea che il referendum non possa perseguire obiettivi politici è Marino Riccardi, ex Psd, che ricorda la genesi dell’attuale legge elettorale- «È stata il frutto di un progetto di iniziativa popolare del 2007- spiega - e ha riportato le firme trasversali di molte forze politiche». A sostenerla, precisa, il governo e la maggioranza di allora, partiti come Su, Ap e Psd che ancora non aveva vissuto la scissione con il Ps. «Alcune di quelle forze oggi - fa notare - figurano tra i firmatari stessi del referendum per la sua modifica». Eppure, quella del 2007 rappresenta anche oggi «una legge importante e buona - sostiene - con cui si sa con certezza chi deve governare e la coalizione che ha vinto, non porta a ballottini, le alleanza e i programmi non sono demandati alle segreterie dei partiti». È una legge che allontana il paradosso che si vede oggi in Italia, aggiunge Riccardi, dove al governo ci sono «due forze con un programma diverso e una fa la manifestazione pro-Tav, mentre l’altra contro la Tav». Ma soprattutto, «questo è un referendum - osserva - nato per la voglia di mandare a casa il governo». Da parte sua, Riccardi ammette un giudizio molto negativo sull’esecutivo di Adesso.sm, «ma - riconosce - il governo non si manda a casa con un referendum».

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