I sindacati: «Il taglio dell’orario è sbagliato e inapplicabile»

SAN MARINO. «Il taglio dell’orario settimanale nella Pubblica amministrazione è inappropriato e largamente inapplicabile». È secca la bocciatura dei segretari delle Federazioni del Pubblico impiego della Csu, Alessio Muccioli e Milena Frulli, della proposta del governo di ridurre di un’ora alla settimana l’orario dei dipendenti pubblici. «Non siamo di fronte a un’articolata strategia di spending review, ma a scelte improvvisate e inappropriate, che hanno il solo effetto di svalorizzare il lavoro dei dipendenti Pa e ridurre il potere d’acquisto di migliaia di famiglie».

Il passaggio da 36 a 35 ore settimanali, calcolano i Segretari Fupi Csdl e Fpi Cdls, significa un taglio netto degli stipendi del 2,6%, riduzione che salirebbe al 3,1% con l’ulteriore taglio dello 0,50% imposto recentemente: «È la fin troppo facile scorciatoia dei tagli lineari, che funziona benissimo sulla carta, ma poi incontra moltissime difficoltà nella realtà. In settori complessi come la scuola e la sanità, la diminuzione dell’orario è ad esempio una scelta inapplicabile. Mentre in altre aree dell’amministrazione, dove da tempo c’è carenza di personale, rischia di creare seri problemi nell’offrire dei servizi ai cittadini. Tagli lineari che tra l’altro arrivano dopo quasi 10 anni di blocco contrattuale e quindi di mancato adeguamento degli stipendi all’inflazione».

Per i segretari Muccioli e Frulli la direzione imboccata dall’Esecutivo è sbagliata perché denota una scarsa considerazione del lavoro svolto nell’amministrazione pubblica: «La Pa ha bisogno di essere valorizzata e rinnovata e i dipendenti devono essere messi nelle condizioni di lavorare meglio per essere protagonisti del rilancio del Paese. I tagli proposti dal governo esprimono invece una filosofia opposta, che svilisce le tantissime professionalità pubbliche e non riconosce l’importanza e la centralità della macchina statale. Importanza non solo per i servizi offerti, ma anche per il sostegno al sistema economico e ai consumi interni che circa 4mila salari pubblici hanno rappresentato in questi anni segnati da una crisi drammatica».

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