Telefonate a scrocco, indagato Samuele Zerbini

Rimini

RIMINI. Spese pazze nella pubblica amministrazione: a finire nel mirino della procura di Rimini, su input di un’indagine svolta dalla Guardia di finanza, è il consigliere comunale del Pd Samuele Zerbini. Ex assessore alla pubblica istruzione nella giunta Ravaioli, di area ex Margherita, Zerbini dovrà rendere conto di 4mila euro di utenze telefoniche effettuate con una scheda sim del Comune. Le chiamate “incriminate” sono riferite al periodo tra il 2008-2009 (a settembre del 2009 è diventato assessore, prima era già consigliere) e in ragione del suo ruolo istituzionale, l’ipotesi di reato dal quale si dovrà difendere è quella di peculato.

Zerbini, assistito dall’avvocato Michele Neri, si dice «pronto a dimostrare la propria buona fede e il fatto che le chiamate erano state effettuate per lavoro».

Il consigliere sostiene che già all’epoca dei fatti, a fronte dei tabulati telefonici per i quali era stato chiamato a rendere conto, aveva dimostrato «che non c’era nulla di strano in quel traffico telefonico».

Fra l’altro, aggiunge: «Su internet c’era quel recapito telefonico per contattarmi e quindi su quel telefono ricevevo chiamate, anche quando mi trovavo all’estero. Per cui non c’è nulla da nascondere».

La procura, però, vuole fare chiarezza e il sostituto procuratore Davide Ercolani ha aperto un fascicolo a riguardo. Le utenze telefoniche dei pubblici amministratori hanno quasi sempre un sistema di doppia bolletta, una per le chiamate personali e una per le chiamate di lavoro. Per differenziare la spesa, la persona che ha in dotazione lo speciale contratto dovrebbe digitare un prefisso. Se non viene effettuata questa operazione le chiamate finiscono tutte su una o sull’altra bolletta. La necessità di andare a fondo sulla questione, nel caso di Zerbini, si è posta in seguito ad altri accertamenti che erano stati effettuati dalla Guardia di finanza. In base a una segnalazione, le fiamme gialle hanno deciso di verificare la regolarità di un finanziamento di circa 25mila euro che il consigliere aveva ricevuto per svolgere un’attività. Ma in quel caso risultò tutto a posto anche perché i soldi erano stati percepiti quando Zerbini non aveva alcun incarico istituzionale. Scavando è saltata fuori la questione dei 4mila euro di telefonate, documentate dai tabulati. La Guardia di finanza e la procura stanno monitorando altri casi analoghi proprio per evitare il malcostume delle cosiddette “spese pazze”.

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