La "Papa Giovanni XXIII"apre gelaterie nel mondo con il marchio "GigiBontà"

Rimini

 

RIMINI. Un nome più bello non si poteva forse immaginare: GigiBontà. Dove la bontà è quella di don Oreste Benzi e dei suoi “figli” in giro per il mondo. Ma anche quella del gelato italiano, riminese, reso doc dal marchio della Fugar.

Bene. Che succede? Semplice: la Papa Giovanni XXIII sta realizzando un sogno e apre gelaterie. Un progetto di solidarietà, ma non solo: i conti devono tornare, perchè con gli utili si pagano pasti, vestiti, assistenza, cure. In breve: si dà a chi non ha nulla. Lo ha insegnato don Oreste.

Al timone dell’operazione “GigiBontà” c’è Giampiero Cofano. Giampiero ha 39 anni e si è avvicinato alla Papa Giovanni dalla via più semplice, quella dell’obiezione: una ventina di anni fa. Poi l’Operazione Colomba e le missioni nelle zone di conflitto. Quindi la difesa delle schiave del sesso a stretto contatto con il don, fino alla segreteria e i progetti di cooperazione internazionale e sviluppo in 39 paesi.

«Siamo partiti sette anni fa in Bolivia, a La Paz - racconta - lanciando una sorta di sfida: se riusciamo a vendere il gelato a 4mila metri di altezza, allora possiamo farlo in tutto il mondo».

Come è andata?

«In Bolivia le gelaterie adesso sono quattro. Undici in tutto con quelle di Cile, Zambia e Sierra Leone che apre questa estate. Abbiamo richieste per andare in Cina e diverse città d’Europa. Portiamo nel mondo la qualità e l’eccellenza che con tanta pazienza ci insegna la Fugar. Il nostro obiettivo è arrivare a cento. Siamo in zone dove l’economia cresce fino al sette per cento all’anno, anche se esistono sacche di povertà e la gente muore di fame. Diciamo che prendiamo i soldi ai ricchi, così li possiamo distribuire ai poveri. Tutto nasce dai fondi stanziati da una fondazione riminese: quando le gelaterie producono utili rendono quello che hanno avuto in prestito e se ne apre un’altra e così via. Ovviamente qualunque altro aiuto e sempre accolto con entusiasmo».

Gli obiettivi delle gelaterie della Papa Giovanni sono principalmente tre. «Innanzitutto i ragazzi che escono dalle missioni, imparano un mestiere e trovano un lavoro: ne sono stati assunti 140. Le gelaterie, però, devono andare a reddito, l’investimento non può essere in perdita. Infine c’è l’evangelizzazione laica: GigiBontà diventa un luogo d’incontro, la gente chiede della Papa Giovanni, s’informa, c’è chi propone di dare una mano».

Quale organizzazione vi siete dati?

«Tutto funziona secondo le regole del commercio. La Fugar ci assicura la materia prima, le attrezzature, le conoscenze, i corsi. Massimo Cancellieri è un tecnico della Fugar che raggiunge spesso le gelaterie. Lo stesso Andrea Cinelli, che è l’amministratore delegato della Fugar, è sovente presente e ci garantisce livelli di eccellenza. Abbiamo un fatturato che per ora supera il milione di euro. Puntiamo sulla qualità assoluta e questo ci sta ripagando. Altri hanno provato ad aprire gelaterie vicino a noi, ma dopo tre mesi hanno dovuto chiudere».

Lei viaggia spesso, ovviamente non farà tutto da solo.

«In Zambia c’è Giulia, una ragazza laureata a Milano che gestisce l’attività di Losaka. In Bolivia, Pietro, un riminese di 25 anni che fa il manager delle gelaterie. Oppure Pietro che da Riccione ha scelto di andare in Cile».

Scelga una storia di rinascita grazie a “GigiBontà”.

«Racconto di Vladimir, un ragazzo boliviano di 26 anni. Viveva per strada, alcolizzato, due figlie. E’ entrato in una nostra comunità di recupero e ora è capo gelataio a La Paz. Lo dice sempre: un altro anno in strada e sarei morto. Ora ha un lavoro, una casa, uno stipendio che gli consente di mantenere le sue due bambine».

Don Oreste cosa diceva di “GigiBontà”?

«Ha fatto in tempo a vedere la prima gelateria. Era molto contento. Commentava: ogni volta che si dà un lavoro, si dà dignità a una persona».

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