«La coltellata? Poteva ucciderla»

Rimini

RIMINI. La donna aggredita in palestra da Loris Stecca non rischiò neppure per un minuto di morire per le lesioni riportate, ma quell’unica coltellata avrebbe potuto ucciderla. Secondo il professor Adriano Tagliabracci, consulente medico-legale della procura (ascoltato ieri in aula), il colpo vibrato al fianco destro era da considerarsi «idoneo a cagionare la morte». Sollecitato dal pm Paolo Gengarelli, il teste si è detto «certo» della sua lapidaria conclusione che mette nei guai l’imputato. Stecca, accusato di tentato omicidio, ha infatti sempre parlato di un «gesto dimostrativo» e sostenuto che se avesse voluto ammazzare l’ex socia avrebbe «usato i pugni» (in caso di derubricazione del reato in lesioni gravi la pena si ridurrebbe molto sensibilmente). Una circostanza contrasta con la versione difensiva: la lama affondò fino all’impugnatura, per diciannove centimetri. Lo specialista, che lo ha dedotto dalle tracce di sangue sul coltello oltre che dalla testimonianza della donna, lo ha fatto notare più volte. L’ex socia del pugile, Roberta Cester (assistita dall’avvocato Flavio Moscatt), a suo avviso riuscì a cavarsela grazie al «movimento di difesa» effettuato per divincolarsi (una «rotazione del busto») e al «cuscinetto di grasso» che le ha in parte fatto da scudo agli organi vitali (all’epoca dei fatti pesava 98 chili). Questione di fortuna, insomma, più che di calcoli. Neppure il fatto che Stecca abbia sferrato una sola coltellata, per Tagliabracci, ha un particolare significato: «Con una lama si colpisce in quel punto sapendo che si può provocare la morte». Gli avvocati difensori Luca Ventaloro e Piero Ippoliti, incassato il “verdetto” sulla «non sussistenza del pericolo di vita» avranno però il loro da fare nelle prossime udienze per smontare la tesi della “volontà di uccidere” (Stecca sostiene di aver voluto ferirla superficialmente). Ventaloro, infine, ha colto una contraddizione nella relazione di Tagliabracci: in un passaggio della consulenza, infatti, il medico legale descrive l’aggressore che afferra al collo da dietro con il braccio “sinistro” e quindi colpisce con il destro. «Si tratta di un refuso», ha ammesso lo specialista che non sapeva neppure che Loris fosse mancino. La sua analisi sulla lesione, però, non cambia. La prossima udienza è fissata per il 7 gennaio 2015. L’ex campione, apparso magro e provato, è in carcere dal 27 dicembre 2013, data del ferimento.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui