«Tanta coca, ma da sola non letale»

Rimini

 

RIMINI. Marco Pantani è morto per «una grave insufficienza cardiaca acuta provocata da un mix di farmaci e cocaina». La droga da sola, sebbene in grandi quantità, non sarebbe stata di per sé sufficiente a ucciderlo se non fosse stata associata all’abuso di antidepressivi, assunti in compresse.

Non è stato ucciso: nessuna costrizione. Il professor Franco Tagliaro, consulente della procura di Rimini nella nuova inchiesta esclude aggressione e omicidio, chiude la porta alle ricostruzioni fantasiose, e punta sul sovradosaggio dei medicinali. Nel rispondere ai quesiti del procuratore Paolo Giovagnoli smonta una a una le ipotesi “probabilistiche” del professor Francesco Avato (allegate all’esposto della famiglia Pantani) e avvalla le conclusioni della vecchia indagine (e del medico legale professor Giuseppe Fortuni) anche riguardo all’intervento di terzi. «Non sono emersi elementi tali da ipotizzare concretamente una assunzione sotto costrizione». Che il cuore del Pirata fosse andato in frantumi nel giorno degli innamorati per droghe, disperazione e solitudine non è più, da ora, soltanto la tesi di un libro di uno sconosciuto cronista riminese, ma anche la conclusione dell’analisi scientifica del luminare chiamato a fare luce sulla tragedia a dieci anni dai fatti. E’ la risposta più attesa rispetto ai legittimi dubbi sollevati, per conto di Tonina Belletti, la madre del campione, dall’avvocato Antonio De Rensis: Marco non è stato ammazzato. Il caso è virtualmente chiuso e si avvia verso l’archiviazione. Forchette, gelato e palline bianche a questo punto, diventano materiale da “telenovela”.

Aperta l’ipotesi del suicidio. Una novità, però, emerge rispetto alla vecchia indagine: stavolta non si esclude più che il campione abbia deliberatamente scelto di darsi la morte. Anzi. Tagliaro intende approfondire il grado di interazione con la cocaina che hanno avuto i farmaci antidepressivi triciclici (lo farà in laboratorio nelle prossime settimane). Il consulente sospetta apertamente che nel decesso per droga possa aver avuto un ruolo «una assunzione eccessiva di antidepressivi» forse presi proprio con «finalità autosoppressive». «Il rilievo di un lenzuolo annodato e di un cavo dell’antenna televisiva pure annodato ad un supporto fisso – scrive Tagliaro nelle righe conclusive della consulenza medico-legale – potrebbero nell’ipotesi di un’ideazione psicotica essere interpretati come indizi peraltro incongruenti con le evidenze autoptiche (assenza di segni traumatici al collo riferibili a tentativi di impiccamento) di una volontà suicidiaria».

Torna alla mente la frase che Pantani pronunciò lungo il corridoio del residence, la sera prima del collasso: «Non so se ci sarà un altro giorno per me».

Smontate le ipotesi alternative. Tagliaro definisce di «scarso valore» le considerazioni di Avato riguardo alle concentrazioni di droga nel sangue del campione, «compatibili con intossicazioni acute fatali in rapporto alle medie riscontrate il letteratura». Dà, ancora, «scarso valore» alle considerazioni di Avato «circa i livelli fatali di cocaina nei decessi dei cosiddetti body packers in quanto si tratta di soggetti che generalmente, a fronte del trasporto in cavità addominale di importanti quantità di droga (la cui diffusione accidentale dei contenitori causa l’intossicazione fatale) non possono paragonarsi in termini di tipologia di consumo/tolleranza a quella che poteva caratterizzare Marco Pantani».

Orario della morte e origine del sangue. Il medico-legale individua il range dell’orario della morte tra le 8.45 e le 12.45 del 14 febbraio (in linea sia con i calcoli di Avato sia con quelli di Fortuni). Tagliaro parla di «modesto spandimento ematico» localizzato nella parte superiore del corpo e lo attribuisce «sia a sanguinamento delle regioni escoriate del capo» sia, soprattutto, al sanguinamento dal naso e dalla bocca anche di materiale «pseudo-ematico» dovuto all’edema polmonare, circostanza che - combinata con dati certi su temperatura della stanza e aerazione - rende impossibile determinare i tempi di essiccamento.

Il corpo non è stato spostato. Sconfessata anche la tesi dell’alterazione della scena del “crimine”. Tagliaro nota che, come aveva già fatto Fortuni, «le uniche evidenze di trascinamento» nelle tracce di sangue siano riferite a un settore di cerchio adiacente all’avambraccio destro». Un segno «del tutto compatibile con movimenti afinalistici periagonici» dello stesso Pantani che, tra l’altro, non presentava invece imbrattamenti né alle mani né ai piedi, né altri segni riferibili a trascinamento.

Modalità di ingestione? Ininfluenti. Cocaina mangiata o sniffata? Non è possibile saperlo con certezza, ma per Tagliaro neppure particolarmente importante: la cocaina, arriva nello stomaco anche se la si sniffa solamente e quindi la positività gastrica non dice niente riguardo alle modalità di somministrazione. Tagliaro parla anche, senza darle troppa importanze, della “pallina” di cocaina e pane su cui si concentrano invece sia Avato sia i mass media. La definisce «di incerta interpretazione, anche per l’impossibilità di una verifica diretta». Tranciante anche la successiva valutazione: «Scarsissimo rilievo si deve inoltre attribuire ai rilievi di polvere bianca su una bottiglia e varie altre superfici/oggetti in quanto è ovvio che la tipologia di consumo di Pantani fosse tale da determinare importante dispersione di polveri di cocaina nell’ambiente». Di nessun rilievo medico-legale è definita la piccola quantità di hashish trovata nella stanza.

Ferite compatibili con autolesionismo. Delle ferite, superficiali, si è già detto nei giorni scorsi: «Lesioni grossolanamente simili possono essere riscontrate in crisi convulsive o in stati di gravissima eccitazione psico-motoria o a seguito di caduta al suolo di soggetto fortemente incapacitato da causa patologica o tossicologica». Nel faldone consegnato dalla procura al professor Avato, singolarmente, non era stata inserita la testimonianza del portiere sul fatto che la stanza fosse chiusa dall’interno. In astratto, quindi, Tagliaro non può escludere l’intervento di terzi anche se - osserva - «l’ipotesi contrasta con l’assenza di lesività tipiche della colluttazione, da difesa attiva o passiva». E la stanza a soqquadro? Per Tagliaro si va al di là della medicina legale, ma è in linea con Fortuni nel sostenere che a creare quel disordine ordinato possa essere stato lo stesso Pantani, in preda a un delirio psicotico-paranoico, «forse con lo scopo di cercare o rimuovere oggetti su cui in quel momento si concentrava un suo possibile interesse ossessivo (droga, telecamere nascoste, microspie, denaro precedentemente occultato...».

 

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