«Marco Pantani non fu né aggredito, né picchiato prima di morire»

Rimini

RIMINI. «Marco Pantani non fu né aggredito, né picchiato prima di morire». Le lesioni superficiali che aveva nel volto e in altre parti del corpo non sono state prodotte da altre persone. Se non è la pietra tombale sulla nuova inchiesta per omicidio, poco ci manca.

A porla è infatti il professor Franco Tagliaro, il medico-legale incaricato dalla procura di dare una risposta “scientifica” ai dubbi sollevati dall’esposto presentato dall’avvocato Antonio De Rensis per conto della famiglia del campione. Il perito ha infatti anticipato, via mail, per iscritto al procuratore capo Paolo Giovagnoli le sue conclusioni riguardo alle ferite e si è preso altri quaranta giorni di tempo per gli approfondimenti di natura tossicologica.

Il responso è perfettamente in linea con quanto stabilito dieci anni fa dall’autopsia effettuata dal professor Giuseppe Fortuni che escluse radicalmente l’ipotesi di un’aggressione. Nessun trauma profondo, nessuna emorragia interna o corrispondenti lesioni ossee (il setto nasale era integro). Per Fortuni non c’era niente di anomalo nemmeno nella palpazione del rachide cervicale o nelle creste iliache.

Tagliaro ha escluso, a sua volta, la possibilità di una colluttazione per l’assenza delle caratteristiche lesioni da difesa attiva, alle mani, e passiva di chi frappone le braccia ai colpi subiti. Pantani presentava una «lesività superficiale» tipica di persone distratte o prive di equilibrio perché «alterate». Nel caso del Pirata dalla cocaina. Urti accidentali non avvenuti nello stesso momento (in una ferita alla testa si era già “formata una crosta bruna”) all’interno di un locale ristretto, non familiare, soppalcato e pieno di spigoli.

La consulenza medico - legale della famiglia Pantani, “firmata” da un luminare come il professor Francesco Avato, al contrario, riteneva in astratto il quadro delle lesioni compatibile e «altrettanto plausibile» con «un’attività di contrasto tra Pantani e altri individui». In particolare Avato si era soffermato sulla diversa posizione dei quattro segni sul viso e sul capo escludendo che potessero essere tutti dovuti alla caduta per il malore. Nessuno ha mai affermato che Pantani sia caduto una sola volta, né che i segni, su entrambi i lati della testa, siano stati provocati da un’unica caduta. Per Avato le lesioni al naso e al sopracciglio avrebbero potuto essere il frutto tanto di una botta sul pavimento quanto di un pestaggio con «mezzi contundenti (bastone? asta?) anche naturali (pugno a mano nuda? Con l’interazione di un anello?)».

Propendere per la seconda ipotesi era una scelta probabilistica, “bocciata” dal collega Tagliaro incaricato di confrontare la sua tesi con quella originaria di Fortuni.

A questo punto, gli esami continueranno solo per comprendere se si sia trattato di un’overdose accidentale o se l’abuso di farmaci abbia avuto un ruolo nella morte. Escludendo l’aggressione fisica, l’ipotesi di avvelenamento forzato da cocaina si riducono drasticamente, vicine allo zero assoluto.

 

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