Pantani, i poliziotti annunciano querele

Rimini

RIMINI. I cinque poliziotti che indagarono sulla morte di Marco Pantani hanno dato mandato agli avvocati Moreno Maresi e Mattia Lancini di procedere in giudizio contro tutti coloro che hanno diffuso «notizie gravemente lesive» della loro reputazione. Sono il vice questore Sabatino Riccio, che allora dirigeva la Squadra mobile, il commissario capo Giuseppe Lancini, gli ispettori capo Daniele Laghi e Vladimiro Marchini e il sovrintendente capo Walter Procucci.

«Purtroppo - spiegano i legali - con cadenza periodica vengono diffuse sui media notizie e informazioni relative alla morte di Pantani. Sono state descritte importanti svolte nelle indagini, tutte legate da un filo conduttore, che porta da un lato ad affermare come la morte dell’atleta romagnolo non sia avvenuta nei termini accertati nel corso dell’inchiesta già condotta dalla procura di Rimini, e dall’altro ad accreditare con notevole enfasi la tesi dell’omicidio volontario. In questo contesto sono letteralmente piovute sugli inquirenti della Squadra mobile di Rimini che all’epoca indagarono sulla morte del celebre ciclista accuse di ogni tipo circa lo svolgimento di molteplici atti di indagine».

Un linciaggio mediatico che gli investigatori non possono più tollerare oltre. «In tutto questo periodo - aggiungono Maresi e Lancini - gli allora appartenenti alla Mobile (alcuni dei quali non più in servizio), nel pieno rispetto di una indagine ancora in corso, hanno mantenuto il silenzio. Ma di fronte al moltiplicarsi delle accuse, peraltro sempre propalate in toni sensazionalistici, con copertura mediatica che ha sin qui spaziato tra carta stampata, video, radio e web, non pare più possibile rimanere silenti e soprattutto continuare a tollerare un linciaggio mediatico che ha assunto proporzioni inaccettabili e che appare alimentato da strumentali e apodittiche ricostruzioni dei fatti, spesso accompagnate dalla diffusione di fatti manifestamente travisati».

I due legali, infine, evidenziano come «sul piano umano la gogna mediatica a cui sono stati sottoposti gli investigatori, abbia ingiustamente provocato loro un profondo stato di amarezza, ampiamente mitigato dalla consapevolezza di aver svolto con senso del dovere, impegno e speditezza i delicati accertamenti di polizia sulla morte di Marco Pantani».

Il “pirata” fu trovato morto in un residence di Rimini la sera del 14 febbraio 2004: l’autopsia attestò che il decesso fu dovuto a intossicazione da cocaina. La scorsa estate, su istanza della famiglia, la procura di Rimini ha avviato una nuova inchiesta (al momento senza indagati) ipotizzando il reato di omicidio volontario.

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