Diventano mamme e perdono il lavoro

Rimini

 

RIMINI. Avere un figlio e lavorare: per le donne riminesi è ancora una chimera. Ogni anno sono 200 le donne che in provincia di Rimini abbandonano il lavoro nel primo anno di vita del proprio bambino e 100 quelle che incorrono nella risoluzione del proprio rapporto di lavoro perché, al ritorno dalla maternità, vengono demansionate o si trovano di fronte all’impossibilità di conciliare i tempi di cura con quelli di lavoro. E non ci sono solo i casi di neo-assunte: anche dopo 10 o 15 anni di lavoro continuativo viene indicata la porta. Sono i numeri che arrivano dall’ufficio della consigliera delle pari opportunità della provincia di Rimini, figura istituita da oltre dieci anni dal ministero del lavoro e delle pari opportunità, che ha l’obiettivo di promuovere la parità tra donne e uomini e prevenire e combattere le discriminazioni di genere sia nell’accesso al lavoro che sul luogo di lavoro.

Nella ridente Emilia Romagna, famosa per la qualità dei servizi di welfare che è in grado di offrire, ancora l’essere madre fatica a conciliarsi con l’avere una carriera. «Abbiamo cento casi all’anno - racconta la consigliera Carmelina Fierro - di donne che si vedono coinvolte nella risoluzione del rapporto di lavoro che denunciano discriminazione o trattamenti diversi al rientro dalla maternità. O si trovano in situazioni che rendono impossibile riuscire a conciliare il lavoro con la cura dei figli».

Un problema che viene aggravato anche dal fatto che in soccorso delle donne i partner faticano a esserci. «Ci sono anche i papà che chiedono i congedi di paternità. Questi o non vengono riconosciuti dal datore di lavoro oppure si creano delle situazioni di malessere sul luogo di lavoro e, in ogni caso, diventa impossibile gestire famiglia e occupazione».

E se è difficile gestire la propria maternità una volta entrati nel mondo del lavoro, l’essere madri può essere un problema anche per entrarci. «Nei colloqui per selezionare il personale si chiede lo status della donna e se vuole avere o meno dei figli, una domanda che può compromettere l’esito della selezione».

Ma cosa può fare l’ufficio di parità? «Innanzitutto, a noi si rivolgono donne che purtroppo hanno già il licenziamento in mano. Il nostro obiettivo è però fare in modo che non abbandonino il proprio lavoro, per questo l’invito è a rivolgersi prima».

Questo l’iter. «Una volta deciso di delegare il proprio caso alla consigliera, si agisce in modo da coinvolgere il datore di lavoro e approfondire il problema mediando e cercando di trovare una soluzione. Ma si può arrivare al tribunale in caso di licenziamenti discriminatori o senza giusta causa. Le ditte perdono risorse importanti e le donne si trovano ad aggravare le liste già lunghe di disoccupati».

L’ufficio della consigliera si trova in piazzale Bornaccini 1 (0541.363988).

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