E' morto l'avvocato Titta Benzi, grande amico di Federico Fellini

Rimini

 

RIMINI. E’ morto l’avvocato Luigi Titta Benzi. A dare l’annuncio è stato il figlio Federico: «Mio padre è deceduto oggi alle 14, nel letto di ospedale, dove era ricoverato da un mese». Aveva 94 anni. Amico d'infanzia del regista Federico Fellini che ne aveva fatto uno dei personaggi del film Amarcord. Benzi era nato a Rimini 1'8 marzo 1920. Studente a Rimini presso le scuole elementari, il Ginnasio e il Liceo Classico, per otto anni è compagno di banco di Fellini.

Anche se l'approccio tra i due non è di quelli entusiasmanti: all'età di due anni, in spiaggia, il piccolo Federico gli rompe un badile in testa. "Voglio credere che prese male le misure", raccontò Luigi a Sergio Zavoli in "Diario di un cronista". E mentre al giovane Federico, per eccesso di magrezza, gli affibbiano il soprannome "Gandhi", al robusto Benzi gli va a pennello il soprannome di "Grosso" o "Titta".

Si laurea in Giurisprudenza a Bologna il 2 luglio 1942, è avvocato dal 1946 "per meriti di guerra". Impegnato come penalista in importanti processi in Romagna, nelle Marche e a Bologna, "vincendo o perdendo le cause a seconda dell'illuminazione delle stelle". E' stato Consigliere Comunale per il Partito Repubblicano e Segretario riminese dell'Edera nel 1946. Nel fatidico 1968 è eletto Presidente del Casino Civico di Rimini.

Per diversi mandati è stato membro e Vice Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Rimini.

In ordine sparso le altre cariche appuntate sul petto nel corso del tempo: Presidente dell'Aeroclub, del Cineforo e del Comitato "Più cuore per Rimini". La sua firma è da annoverare anche tra gli autori letterari. Si deve a lui il gustoso amarcord di un avvocato di provincia intitolato "Patachedi". 

Così lo ha ricordato oggi il sindaco di Rimini Andrea Gnassi: “Titta Benzi, nel caos spesso banale e volgare che circonda Fellini e il fellinismo, si distingueva per l’eleganza, la gioia, lo spirito, la dignità, la “verità” con cui portava e quindi raccontava l’incredibile avventura di una straordinaria amicizia che ha attraversato quasi tutto il Novecento. Un’anima riminese profondamente autentica, nell’acume e nel dialetto".

 

 

 

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