Violenza alla suocera? Genero prosciolto

Rimini

 

RIMINI. Ha trascorso sei mesi dietro le sbarre, con un’accusa infamante, aver violentato la suocera settantenne, prima di essere scagionato e scarcerato. A mettere la parola fine alla detenzione è stato il giudice che ha disposto l’archiviazione di ogni addebito.

La vicenda, che aveva fatto scalpore per la singolarità delle contestazioni, risale alla scorsa primavera. L’uomo, un 44enne di origine napoletana, difeso dall’avvocato Ninfa Renzini, era finito in manette con l’accusa di violenza sessuale dopo una burrascosa serata trascorsa all’interno dell’abitazione della madre della propria fidanzata, dove anche lui alloggiava. La donna, settantenne, aveva chiamato gli agenti raccontando di essere stata pesantemente molestata dal genero focoso e minacciata anche con un coltello. Per sfuggire alla violenza sessuale, a suo dire, era stata costretta a rinchiudersi in bagno, dopo essere stata palpeggiata nelle parti intime. Una versione che aveva avvalorato, almeno all’inizio, anche la figlia della presunta vittima delle avance, testimone dell’aggressione. Lui aveva cercato di spiegare che si trattava di un equivoco, che avevano avuto un semplice alterco, ma non era stato creduto. E si era così ritrovato in carcere, una strada obbligata proprio in virtù dell’accusa contestata: violenza sessuale aggravata. La procura, però, nell’approfondire la situazione, si è trovata di fronte a delle evidenti contraddizioni nelle versioni fornite dalle due donne. La compagna ha finito con il ritrattare completamente le sua versione. Dai loro rispettivi e confusi racconti sono emersi via via indizi di instabilità mentale, più che di colpevolezza, soprattutto da parte della suocera. A quel punto sostenere un’accusa per il pm sarebbe diventata un’impresa impossibile: ha chiesto lui stesso l’archiviazione, una scelta condivisa dal giudice che ha messo una pietra tombale sulla vicenda giudiziaria. Il campano è tornato quindi in libertà.

La storia ricorda quella, meno recente, di un quarantenne artigiano riminese, all’epoca difeso dall’avvocato Tiziana Casali, assolto da un analogo addebito. Anche in quella circostanza le troppe contraddizioni nelle accuse della donna, l’avevano salvato dalla condanna. L’uomo era sospettato di aver tentato di violentare la suocera quarantacinquenne, “matrigna” della propria moglie. I due si erano ritrovati da soli, in piena estate: tutti gli altri avevano preferito trascorrere il pomeriggio al mare. E mentre lei stirava lui avrebbe cercato di prenderla alle spalle, con un certo vigore. Lui aveva sempre negato tutto, ma le sue proteste non gli avevano evitato il processo: «Era lei a proporsi, mi denunciò per vendetta».

 

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