Sgozzò un uomo: condannata colombiana

Rimini

RIMINI. Il giudice dell’udienza preliminare Fiorella Casadei ha riconosciuto colpevole di omicidio volontario la 38enne colombiana Clara Ines Mesa Calzada: a Misano Adriatico, il 19 agosto 2013, sgozzò un connazionale di 49 anni al culmine di un’accesa discussione. Alla donna è stata inflitta la pena di dieci anni e sei mesi di reclusione: processata con rito abbreviato, le è stata riconosciuta l’attenuante della provocazione (il pm Marino Cerioni aveva chiesto 11 anni). L’uomo, ubriaco, l’aveva infatti picchiata prima prima di essere ucciso. Una circostanza che secondo l’avvocato difensore, avvocato Guido Campione, avrebbe dovuto portare all’assoluzione della sua assistita (legittima difesa) o quantomeno a una diversa qualificazione giuridica del fatto (eccesso colposo in legittima difesa oppure in alternativa omicidio preterintenzionale). Il legale, con non nasconde di provare “rabbia e delusione”, in attesa delle motivazioni già preannuncia il ricorso in appello. Il giudice ha disposto anche un risarcimento per i familiari (45mila euro per ciascuno) che erano assistiti dall’avvocato Paolo Righi. L’imputata, ascoltata in aula nella precedente udienza ha sempre ribadito la stessa versione: «Volevo solo difendermi, cercavo di tenerlo lontano con il coltello, non volevo ucciderlo: è stato lui a buttarsi addosso a me e ho temuto che volesse colpirmi ancora con uno sgabello». Il delitto si consumò all’interno di una casetta a schiera di via Ernani, una traversa della strada provinciale Riccione-Tavoleto, a Misano Adriatico. Clara, che viveva a Fano, si era legata sentimentalmente alla vittima da poco più di un mese: prima lui era solo un uomo generoso che, come corrispettivo di sporadici convegni “amorosi”, le pagava le bollette e si fermava a dormire da lei qualche volta. Era stato l’uomo a proporle di passare una domenica da alcuni suoi amici a Misano per una riunione colombiana. Nel giardino di un vicino avevano mangiato una grigliata e ascoltato musica tradizionale colombiana. La “festa” era andata avanti per ore, “condita” da birra, rum, salse piccanti. Era spuntata anche la cocaina e qualcuno ne aveva fatto uso, un po’ per sopportare meglio l’alcol e un po’ per movimentare quella che con il passare del tempo era ormai diventata una “serata”. La donna, stufa della piega che aveva preso la riunione, insistette per andarsene fino a quando scoppiò la lite. Per zittirla lui, ubriaco, le dette uno schiaffo. Non era la prima volta, stando alla versione della donna. Lei ebbe il tempo di fare una telefonata chiedendo aiuto, nessuno tra i presenti le diede ascolto. Subito dopo tra i due scoppiò una nuova zuffa, sarebbe stata ancora colpita da un pugno prima di afferrare in cucina un coltello di 35 centimetri e sferrare il fendente mortale. Un colpo dall’alto verso il basso, secondo il medico legale. «Non ricordo, so solo che fu lui a gettarsi addosso a me, volevo solo difendermi». (and.ros.)

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui