Pantani, il procuratore Giovagnoli si assegna l'inchiesta dopo averla aperta

Rimini

RIMINI. L’inchiesta sul “delitto” Pantani muove i primi passi: una nuova “autopsia” dovrà togliere ogni dubbio. Il fascicolo se l’è assegnato in via esclusiva il procuratore capo di Rimini Paolo Giovagnoli, intenzionato a fare chiarezza sulla fondatezza o meno delle ipotesi avanzate nell’esposto presentato dall’avvocato Antonio De Rensis per conto della famiglia Pantani.

La nuova indagine, che non equivale alla riapertura del caso, sarà ancora affidata ai poliziotti. Non a quelli della Squadra mobile protagonisti delle investigazione che portarono alla cattura e alla conseguente condanna degli spacciatori, ma agli agenti della sezione di pg in servizio presso la stessa procura. Nelle intenzioni del procuratore avrebbero preferito essere affiancato da due sostituti procuratori, la dottoressa Elisa Milocco, designata inizialmente, e il pm Paolo Gengarelli, forte della sua esperienza. Entrambi hanno però rimandato al mittente la proposta. La prima si è astenuta quando ha scoperto che l’assegnazione di luglio «violava le regole interne all’ufficio», il secondo per «evitare inutili strumentalizzazioni da parte di terzi, in quanto titolare del fascicolo della prima indagine». Il procuratore Giovagnoli, non commenta «questioni interne all’ufficio, e va avanti da solo» assicurando che «metteremo il massimo impegno nelle indagini». Per fugare i dubbi principali sulle ferite riscontrate sul corpo di Pantani, ha già nominato un proprio consulente medico-legale. Entrò dieci giorni gli sarà conferito l’incarico: non sarà necessario riesumare il cadavere. Il nuovo consulente di parte della famiglia pantani, professor Francesco Maria Avato, concorda infatti con la causa della morte emersa nella vecchia inchiesta: overdose da cocaina. Ma sospetta, sulla base della collocazione delle ferite e della quantità di droga riscontrata nel sangue e negli organi del Pirata, che possa essere stato indotto con la forza ad assumerla. Giovagnoli, che non sapeva nulla dell’indagine di dieci anni fa, relativa a un periodo precedente al suo arrivo, deve essersi convinto fin da subito della delicatezza della questione: durante il colloquio del 24 luglio scorso con l’avvocato De Rensis, al quale ha assistito anche mamma Tonina Pantani, gli era stata paventata l’ombra di indagini frettolose, sbagliate se non addirittura deviate.

Ed era stato inoltre ipotizzare un diverso scenario e diverse modalità nella commissione del fatto. Sempre quello, sebbene con il cambio di imputazione a carico di ignoti. Un problema se l’inchiesta dovesse lambire gli stessi personaggi di prima: non potrebbero essere processati una seconda volta.

I denuncianti chiedevano di “procedere per le ipotesi di reato che verranno ravvisate nel presente esposto”, evidenziando o le presunte discordanze, contraddizioni e incongruenze. Il fascicolo, fin dal giorno successivo era stato assegnato alla dottoressa Milocco, evidentemente con una procedura ritenuta non “ortodossa”, e successivamente iscritto a modello 44, cioè a carico di ignoti, con l’ipotesi di omicidio volontario. “Un atto dovuto”, ha nuovamente sottolineato Giovagnoli che, al ritorno dalle ferie, ha ritenuto di procedere senza esitazioni all’accertamento tecnico. Il consulente dovrà basarsi sui dati dell’autopsia effettuata all’epoca dal professor Giuseppe Fortuni, i cui risultati furono specularmente condivisi dal professor Giorgio Gualandri che partecipò all’esame come consulente della famiglia Pantani. Già in attesa dei primi riscontri (ci vorranno almeno sessanta giorni, ma spesso per questo genere di accertamenti sono necessarie delle proroghe) potrebbero partire i primi interrogatori di persone informate sui fatti. Testimonianze evidentemente falsate dal trascorrere del tempo e dal mutare del contesto. Molti se non tutti gli interrogativi sollevati - in forma vaga e non sempre congrua - nell’esposto, per la verità, trovano risposta nelle carte, negli atti processuali, nelle sentenze passate in giudicato. La scelta della procura di Rimini, o meglio quella del capo Giovagnoli, è stata quella di ripartire da zero.

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