Scosso il figlio che piange: genitori nei guai

Rimini

RIMINI. Una coppia di genitori residente nel Riminese è indagata con l’accusa di maltrattamenti nei confronti del figlio, un neonato di appena tre mesi sul quale sono state riscontrate lesioni da scuotimento che avrebbero potuto ucciderlo.

Il fatto risale a un mese fa, all’interno di una abitazione della zona, in un pomeriggio assolato. Il padre, un ragazzo più giovane della propria compagna, ha chiamato sconvolto il 118 e, all’arrivo dell’ambulanza, ha raccontato di aver lasciato il piccolo che piangeva sul lettone solo per pochi secondi, giusto il tempo di scaldare il biberon. «Quando sono tornato era in silenzio, aveva gli occhi sbarrati e respirava a fatica». Secondo la sua versione si trovava da solo in casa, perché la «mamma era dovuta uscire». I medici del pronto soccorso pediatrico però non hanno avuto dubbi, dopo una prima visita, nel riscontrare nel neonato, in condizioni gravissime, le tipiche lesioni che vanno sotto il nome di “Sindrome da scuotimento”. Il referto con la diagnosi è finito dritto in procura e la sezione minori della Squadra mobile della questura, investita del caso, ha cominciato a indagare. Nel frattempo è cominciata una corsa contro il tempo per salvare il bambino, ricoverato in prognosi riservata e poi trasferito d’urgenza al Bufalini di Cesena, per verificare le eventuali lesioni neurologiche. Per valutare le conseguenze potrebbero essere necessari dei mesi. Nel piccolo che adesso è fuori pericolo, sono state infatti notate delle “falde di liquido” a testimonianza della rottura dei vasi del collo che portano sangue al cervello. Un segno evidente dello scuotimento, frutto di una situazione del tutto simile a un colpo di frusta. Messo alle strette dai resoconti medici e dalle indagini disposte dal pm Davide Ercolani, il papà avrebbe finito per ammettere, lui giovane e senza esperienza, di aver perso la testa di fronte al pianto ininterrotto, agli strilli acuti e interminabili. «L’ho scosso per farlo smettere, ma senza violenza. Giuro che non volevo fargli male». La fragilità del corpicino avrebbe fatto il resto. Anche questa versione, però, lascia dubbiosi gli investigatori della Squadra mobile: hanno il sospetto che l’uomo, addossandosi la responsabilità, cerchi in realtà di coprire la convivente. La donna è infatti alle prese con una vita da ricostruire: in passato le è già stato sottratto un figlio. La coppia, è l’ipotesi che gli inquirenti approfondiranno nei prossimi giorni, potrebbe aver concordato, di fronte all’“incidente”, di raccontare una storia che escludeva la mamma dalla scena per tenerla al riparo da possibili conseguenze. Una preoccupazione, se tale è stata (circostanza tutta da dimostrare), inutile: il Tribunale dei minori ha disposto l’affidamento temporaneo del neonato ai servizi sociali.

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