Gli amanti diabolici caduti nella trappola

Rimini

RIMINI. Volevano uccidere Lidia, facendo ricadere la colpa su Silvio. Un doppio delitto premeditato, assieme, punto per punto, perfino nei dettagli. Neppure adesso che i piani di Dritan Demiraj e Monica Sanchi sono andati per aria e si ritrovano in carcere smettono di tramare. Più crudeli che furbi, però, sono caduti nella trappola degli investigatori che li hanno fatti incontrare, durante un trasferimento, sul cellulare della polizia penitenziaria per intercettarli.

In quel contesto, senza sospettare di essere ascoltati, i due amanti diabolici concordano una comune versione dei fatti e si accordano su quanto va riferito agli inquirenti al duplice scopo di escludere almeno la diretta partecipazione ai delitti di lei e la premeditazione per lui. La conversazione “rubata”, agli occhi del Gip (che la riporta nell’ordinanza di custodia), è invece la prova del contrario. L’ennesimo, disperato e congiunto tentativo di manipolazione, infatti rivela «come i due omicidi (Silvio Mannina a Rimini e Lidia Nusdorfi a Mozzate, tra il 28 febbraio e l’1 marzo, ndr) e i correlati reati di rapina e soppressione di cadavere siano stati preventivamente e lucidamente organizzati e studiati tanto che l’occultamento delle prove dell’uno e dell’altro fatto si intrecciano e divengono oggetto di conversazione su cui i due indagati si muovono passando con estrema facilità dall’uno all’altro». Demiraj nella conversazione intercettata invita Monica a omettere il fatto di aver acquistato lo scotch utilizzato per impacchettare il cadavere prima del delitto e si accorda su altri dettagli capaci di riempire i vuoti investigativi: dal telefono rapinato alla vittima, al materasso insanguinato, dagli indumenti dell’assassino, al tappeto sostituito nella casa di Dritan. L’albanese suggerisce alla donna anche come giustificarsi per quelle che dovrebbero apparire come ingenuità e debolezze: «io amavo l’uomo sbagliato, devi dire. Se ti dicono come ti senti gli devi dire che gli voglio bene... il passaggio dall’amore all’odio non va bene». (a.r.)

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