Clienti pensionati per le lucciole cinesi

Rimini

RIMINI. «I pensionati? Teniamoceli buoni, di questi tempi sono gli unici clienti abituali su cui contare». Le raccomandazioni della maitresse, intercettata dagli investigatori, non cadevano nel vuoto se è vero che la gran parte della clientela dell’ennesimo giro di prostituzione cinese smantellato in città era composto da attempati e distinti signori della zona. Tra loro c’è anche chi si è messo nei guai per aver prestato aiuto alle ragazze nel pubblicizzare la loro “attività”, in cambio di sorrisi e “sconti”.

Stavolta la “Lanterna rossa” (simbolo delle case di tolleranza orientali e nome dato all’operazione) - almeno nel periodo preso in esame dall’inchiesta del Nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri - si era virtualmente accesa in alcuni appartamenti di un residence di via Ghelfi, a Viserba, già nel mirino di una parallela inchiesta della polizia con il coinvolgimento però di altri soggetti. Qui alloggiavano le lucciole cinesi, arruolate da quattro connazionali sulla base dei gusti della clientela, signori non più di primo pelo ma pronti a storcere il naso di fronte a ragazze un po’ troppo robuste o già su con gli anni («A Rimini mandiamo quelle magre» è un altro degli ordini intercettati). Le ragazze, vere e proprie operaie del sesso costrette a spartire il frutto delle proprie prestazioni peraltro a buon mercato, ruotavano ogni due settimane secondo la classica regola della “quindicina”. Nove persone sono state accusate, a vario titolo, di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Si tratta di quattro donne cinesi, due delle quali irreperibili e una nel frattempo deceduta, quattro italiani e un algerino. In manette, in esecuzione dell’ordinanza di custodia emessa dal Gip per fatti accaduti tra gennaio e novembre 2012, sono finiti la sessantenne cinese Aicui Zhou, residente da tempo a Rimini; Roberto Giovannini, 50 anni, riminese, titolare del residence; e Vincenzo Maraffino, 50 anni, residente a Rimini. Agli arresti domiciliari sono andati invece Ivo Bronzetti, 68 anni, nato a Borghi (Forlì Cesena), residente a Santarcangelo di Romagna; Alessandro Marchini, 59 anni, residente a Pian di Meleto (Pesaro) e il 48enne algerino Hocine Chaibi, residente a Rimini. Alla cinese si contesta un ruolo attivo nel reclutamento delle ragazze, mentre il titolare del residence sarebbe stato ben consapevole degli incontri mercenari all’interno di alcune stanze: secondo l’accusa avrebbe avvertito le ragazze nel corso di un controllo. Tre degli appartamenti della struttura, “destinati stabilmente” all’epoca dei fatti alle lucciole, sono stati sequestrati. Per altri tre alloggi, ricavati abusivamente, si profila un analogo provvedimento. Ieri il residence ospitava una settantina di clienti, per la gran parte romeni.

Severa l’interpretazione dell’accusa sul ruolo delle persone destinate ai domiciliari: si sarebbero saltuariamente occupati degli aspetti pratici legati alle inserzioni delle ragazze regolarmente pubblicati su un giornale. Gli annunci li pagavano le cinesi, il ruolo degli amici-clienti era accompagnarle o semplicemente portare i foglietti con il numero di telefono per fissare l’incontro. Cosa ne veniva loro? Favori sessuali, sempre stando agli investigatori. Nei prossimi giorni i coinvolti potranno fornire le loro spiegazioni. (a.r.)

 

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