Lucciole cinesi al lavoro 24 ore su 24

Rimini

RIMINI. E’ partito tutto nel 2011 con il controllo di un appartamento in via Monfalcone, nella zona di Marina Centro. Osservando un continuo via vai di uomini e la presenza pressoché costante di due o tre donne di nazionalità cinese all’interno, i poliziotti della squadra mobile, guidata da Nicola Vitale, sono risaliti a un’organizzazione dedita allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione. Queste accuse, ieri mattina, hanno portato all’esecuzione di quattordici ordinanze di custodia cautelare, dodici a carico di cinesi e due di italiani di cui uno riminese. L’indagine ha preso avvio proprio da Rimini anche se nel tempo la rete si è allargata in altre città italiane: Milano, Brescia, Cremona, Reggio Emilia, Modena e Forlì (dove è stato eseguito uno degli arresti). L’operazione Fenghuang (dal nome di un uccello leggendario della mitologia cinese), ha permesso di appurare che le ragazze, reclutate nella regione cinese Zhejiang, arrivavano nella cittadina romagnola, la maggior parte senza regolare permesso di soggiorno, per essere sottoposte a un periodo di prova. Dopodiché venivano piazzate nelle altre località, scelte anche in base alla possibilità di affittare appartamenti a prezzi vantaggiosi in cui esercitare l’attività di meretricio. Il complesso sistema messo in piedi dagli sfruttatori, secondo i riscontri della polizia, consisteva nel pubblicare gli annunci relativi alle prestazioni delle ragazze su siti internet dove i clienti potevano trovare i numeri di cellulare da contattare per usufruire dei servizi. A quel punto entrava in funzione un sistema di call-center che smistava i clienti, in base alla zona dalla quale chiamavano, negli appartamenti più vicini. Telefonicamente venivano pattuite anche le tariffe. I “centri di prenotazione” individuati dalla polizia erano almeno tre, uno a Rimini, uno a Poiano Milanese e uno tra Reggio Emilia e Parma. Erano gestiti da altrettante maitresse, che prima di essere “promosse” al grado più alto, si erano a loro volta prostituite. Le ragazze contattate e mandate in Italia erano consapevoli del mestiere che avrebbero dovuto svolgere e anzi, la maggior parte di loro aspirava proprio a diventare a sua volta maitresse, dopo la gavetta. L’attività si svolgeva 24 ore su 24, sette giorni su sette; la vita sociale fuori casa era praticamente assente. Il lavoro veniva sospeso dalle ragazze soltanto durante il ciclo mestruale e in quei giorni le indisposte venivano prontamente sostituite con altre colleghe disponibili. Il giro di affari stimato era di circa 5-6mila euro a settimana per ogni prostituta, alla quale venivano lasciati dai 30 ai 70 euro al giorno. Il tutto deve aver fruttato svariate centinaia di migliaia di euro calcolando che le ragazze erano come minimo due o tre per appartamento e gli appartamenti individuati in giro per l’Italia erano almeno una decina. Ma il grosso degli incassi, riscosso una volta a settimana dai “protettori”, veniva spedito in Cina dove si suppone operasse un complice che reclutava il personale. Le persone che operavano a Rimini, finite ieri in manette, sono cinque: Changzheng Yang, Xiaofen Zou, Jijan Lu, Meilin Yuan e Giuseppe Castelli. Quest’ultimo, riminese, è proprietario di uno degli appartamenti affittati dai cinesi, in via Mantova, e secondo la polizia era a conoscenza di ciò che accadeva all’interno. Da qui l’accusa di favoreggiamento. Le altre abitazioni utilizzate a Rimini sono in via Monfalcone (da dove è partita l’indagine) e due in via Ghelfi. Tra gli arrestati c’è anche un altro italiano, Lamberto Giuliana, che secondo l’accusa si occupava degli aspetti logistici: accoglieva le ragazze in Italia e poi le accompagnava nei vari appartamenti a disposizione. Sulla base di tutti i riscontri forniti dalla polizia, il sostituto procuratore Paola Bonetti ha inviato al gip la richiesta di emettere le ordinanze di custodia cautelare. Le prostitute identificate durante l’operazione sono state denunciate perché la maggior parte risultava inottemperante al foglio di via.

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