Catturato il killer del supermercato

Rimini

RIMINI. Si nascondeva in un quartiere di Berna, in Svizzera, Paoulin Nikaj, 34 anni, il camionista albanese autore dell’omicidio del connazionale Zyberi Nimet avvenuto lo scorso 17 marzo nel parcheggio della Conad di Misano Adriatico.

A mettergli le manette ai polsi sono stati ieri mattina i poliziotti svizzeri, ma il loro compito era relativamente semplice. C’era solo da verificarne la presenza e andarlo a prendere. A fornire le coordinate dell’indirizzo esatto dell’abitazione dell’amico presso il quale aveva trovato riparo sono stati infatti i carabinieri di Riccione impegnati per tre settimane in un’indagine senza tregua, coordinata dal pm Marino Cerioni, i cui dettagli saranno illustrati oggi nel corso di una conferenza stampa. C’è ancora da scoprire chi ha fornito coperture, complicità e appoggi al fuggitivo che, al momento della cattura, non aveva più con sé l’arma del delitto, la pistola 7.65 con la quale aveva scaricato sette colpi all’indirizzo del rivale, per una faida familiare scatenata a partire da una banale lite al bar. Se prima di attraversare la frontiera Nikaj ha infatti fatto tappa per qualche giorno in Lombardia, nei giorni successivi all’omicidio ha girovagato per l’Italia, sbarazzandosi presto dell’auto che scottava. Perquisizioni sono in corso in queste ore per quanti sono sospettati di aver favorito, più o meno consapevolmente, la sua latitanza. La tragedia si era compiuta sotto gli occhi dei due figli della vittima e della giovane moglie in attesa del terzo.

Grazie alle testimonianze è stato ben presto possibile ricostruire il delitto nei dettagli.

Nimet Zyberi incontra il suo assassino per caso al termine di una mattinata di commissioni. Prima passa in banca, poi in un negozio di alimentari, infine con moglie e figli va al Conad. E’ al supermercato che le due coppie si incontrano. I carrelli finiscono quasi per scontrarsi all’incrocio tra due corsie. La scena “muta” è ripresa dalle videocamere dell’impianto di sorveglianza. I due uomini si scambiano poche parole, tra i denti. Poi ognuno va per la sua strada. Le immagini non sembrano il preludio di una tragedia. Nella testa dell’omicida, però scatta qualcosa. «Devo andare un attimo a casa, aspettami qui», dice alla moglie. Al ritorno sulla cinta dei pantaloni fa bella mostra una pistola semiautomatica. Il secondo non è un incontro, ma un agguato. Il killer aspetta il rivale nel parcheggio, nella zona dei carrelli. Stavolta la discussione è animata. Nimet torna verso l’auto dove con moglie e figli già a bordo, ma non se ne va. Dalla spesa afferra una grossa bomboletta spray, con del lucidante per auto, appena acquistata. Immagina che l’arma dell’altro sia finta o che non abbia intenzione di usarla. Non è così. Gli scarica addosso, assieme alla sua rabbia, tutto il caricatore: sette colpi, cinque dei quali a segno. Uno dritto al cuore. Nikaj a quel punto torna in auto. Ordina alla moglie di lasciargli il posto alla guida e la porta vicino a casa. «Vai a prendere i figli a scuola», le ricorda nell’andarsene. Il suo sembra un addio. Ma è ancora in preda alla furia e con sé ha la pistola: il timore che voglia consumare fino in fondo la sua vendetta, svanisce quando si scopre che girovaga per l’Italia, dopo aver trovato qualche porta chiusa in zona. Gli investigatori ne seguono le tracce (dal telefonino, alla macchina, dagli amici ai parenti) fino al “contatto” giusto, alla pista sicura, alla localizzazione esatta. E ieri, finalmente, dopo tre settimane di duro impegno, i carabinieri di Riccione traggono i frutti del loro lavoro. La caccia al killer è finita.

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