Lavori pubblici, basta sciatteria

Rimini

RIMINI. Ha visto  prima una transenna "addobbata" di fronte alla biblioteca Gambalunga. Poi ha trovato davanti a Castel Sismondo un cartello di divieto di sosta alquanto particolare. E ha detto basta! Il sindaco Andrea Gnassi ha preso carta e penna e ha inviato ai dirigenti e al segretario generale una lettera in cui si chiede la massima attenzione alle piccole cose che caratterizzano la qualità e la bellezza di un comune. «Carissimi - scrive il primo cittadino -, Rimini cambia, si aprono cantieri, si fanno scuole, si sistemano le fogne, si fanno eventi di livello internazionale. Ma questo sforzo rischia di rimanere parziale se l’appartenenza alla città e alle sue cose e ai luoghi piccoli e grandi non diventa patrimonio condiviso del nostro lavoro quotidiano. Quello dei due segnali è solo l’ultimo e forse più banale esempio di come un ente pubblico non dovrebbe porsi davanti ai suoi cittadini. Noi e voi siamo qui con un mandato preciso della comunità: lavorare per tenere bene e, se possibile, migliorare la città. La sciatteria e il degrado non sono previsti né giustificati dal contratto del pubblico impiego: e dunque non possono essere tollerati. O peggio giustificati, attraverso quel frequentatissimo incastro che si chiama rimpallo di responsabilità. E’ colpa tua... no dell’altro… toccava a lui. Un refrain ormai classico». Gnassi chiede di provvedere affinché «d’ora in poi, ogni atto o iniziativa riferibili all’attività del Comune di Rimini che abbia un impatto diretto sul decoro della città, porti in calce il nome del responsabile del procedimento. Colui cioè che dall’inizio alla fine verifichi che tutti gli aspetti siano rispettati». 

«Da oggi in poi si cambia - spiega Gnassi - e francamente m’importa poco del commento non pensare a un segnale sbilenco e avvolto nello scotch… pensa alle questioni più importanti. No, il Comune che intendo io, affronta le questioni importanti ma non lascia indietro gli aspetti che contribuiscono, a volte in maniera più decisiva di ciò che pensiamo, a misurare la nostra qualità di vita, la nostra appartenenza alla comunità, il nostro senso civico».

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