Cattolica, carabiniere spara al ladro. Caso archiviato: «Legittima difesa»

CATTOLICA. Il ladro in fuga non intendeva aggredire l’incolumità del carabiniere che lo inseguiva, né quella di altre persone, ma il militare aveva molte ragioni obiettive per presumere il contrario e quindi per fare fuoco. Il militare agì per legittima difesa, nella forma cosiddetta putativa, nella convinzione cioè di trovarsi in pericolo.

Il Gip del tribunale di Rimini Vinicio Cantarini, ritenendo puntuali e fondate le osservazioni del pm Luigi Sgambati, ha archiviato l’accusa di lesioni personali aggravate nei confronti del carabiniere, difeso dall’avvocato Giovanni Marcolini, in servizio alla Tenenza di Cattolica che nel giugno 2017 ferì l’autore del furto di un furgone con due colpi di pistola. Nella richiesta di archiviazione, alla quale il Gip ha aderito, il pm Sgambati ritiene, al termine dell’inchiesta, che l’errore di valutazione del carabiniere riguardo alla percezione del pericolo sia scusabile e il suo comportamento non abbia superato i limiti previsti dalle scriminanti di legge. «Non può ritenersi determinata da colpa l’erronea percezione - scrive il sostituto procuratore - del pericolo che il ladro potesse attentare alla vita del militare, della sua collega, o alla pubblica incolumità, posto che nella stessa situazione qualunque persona di media diligenza (anche se appartenente alle forze dell’ordine) si sarebbe prefigurata i gravissimi rischi che hanno spinto il carabiniere ad agire». Il militare, attraverso il proprio legale, per mettersi al riparo da una eventuale causa civile - nella fase delle indagini - aveva proposto al ferito un risarcimento di ottomila euro: una proposta che il detenuto ha ritenuto non sufficientemente congrua: l’ha rispedita al mittente nella convizione di avere diritto a più soldi.

Il ladro, una volta intercettato nel centro abitato di Cattolica, aveva lanciato il furgone a tutta velocità nella zona che costeggia la ferrovia, prima di ritrovarsi, dopo quasi mezz’ora di inseguimento, in una strada senza uscita. A quel punto aveva fatto retromarcia colpendo la vettura degli inseguitori. Dopo l’urto aveva ripreso la sua corsa, giusto per procurarsi un margine di vantaggio prima di proseguire a piedi. Nello scendere dal furgone, però, si sarebbe attardato un attimo e avrebbe infilato una mano nello zaino che aveva con sé. Erano i giorni della caccia a “Igor” e il gesto aveva tratto in inganno il carabiniere: presumendo che l’altro fosse sul punto di sfoderare un’arma aveva aperto il fuoco, ferendolo al pollice della mano e a una natica.

Il ladro aveva sostenuto di essere stato colpito in momenti diversi: una prima volta alla mano mentre si aggrappava al montante della portiera, e poi una seconda volte, alle spalle, quando ormai scappava a piedi per la strada. Un racconto che non è stato ritenuto credibile sulla base delle consulenze balistiche, mediche e delle testimonianze (oltre alla collega del carabiniere che si trovava nell’auto di servizio è stato sentito anche un cittadino che assistette alla scena dal balcone).

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