Sono fuori la Carim, Masini e i revisori

Rimini

RIMINI. A fronte di richieste di insinuazione che sfiorano i 57 milioni di euro, la proposta è di riconoscerne soltanto 18 (quattro dei quali “privilegiati”). Ci sono esclusioni eccellenti. Banca Carim, che vantava da Aeradria nove milioni di euro, non figura neppure tra i creditori da ammettere al pagamento stando almeno, appunto, al progetto di stato passivo depositato in tribunale dal curatore fallimentare Renato Santini, in vista dell’udienza del 15 aprile prossimo. L’istituto riminese “va escluso” - si legge nella relazione - “in quanto il credito erogato e mantenuto, in condizioni di riconoscibile perdita della continuità aziendale, ed in violazione delle norme e delle regole tecniche di settore, ha concorso a deteriorare il patrimonio della società decotta; inoltre la condotta della banca, nell’erogazione del credito e nella promozione del concordato preventivo, ha cagionato un rilevante danno alla società fallita, pari ad almeno 19 milioni di euro, che viene opposto in compensazione e che ci si riserva di azionare in separato giudizio”. Si annunciano ricorsi e contenziosi, ma da quanto si capisce saranno chiamati in parecchi a pagare per il crac a partire dagli amministratori, dai revisori dei conti e addirittura dai professionisti che nell’interpretazione di Santini con le loro azioni avrebbero finito per aggravare i bilanci in rosso dello scalo. Lo si evince, tra l’altro, dalla esclusione dei compensi richiesti, ad esempio, dall’ex presidente Massimo Masini. La sua attività sarebbe stata “prestata in grave violazione dei doveri che la legge ascrive alla carica, senza la dovuta diligenza, omettendo l’obbligatoria vigilanza sui fatti di gestione nonché l’adozione di tutti gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento giuridico per elidere o quantomeno contenere gli effetti della situazione di dissesto in atto già alla data del 31 dicembre 2010 (come emerso dalle ricostruzioni della Curatela) quando il Patrimonio netto (come riclassificato) esponeva un saldo riconoscibilmente negativo ed il capitale sociale risultava integralmente perso così come le condizioni per la continuità operativa. L’attività prestata non risulta pertanto idonea neppure in astratto a conseguire il risultato programmato dalle parti, con conseguente inadempimento di non scarsa importanza idoneo a fondare anche la risoluzione del rapporto. Si ravvisano inoltre alcune importanti irregolarità contabili e di gestione, tutte di gravità tale da aver prodotto un deterioramento del patrimonio della società decotta, con grave pregiudizio anche per la massa creditoria”. Santini dice no anche ai membri del collegio sindacale avanzando pesanti obiezioni sul loro operato. Non avrebbero “provveduto a rilevare alcune importanti irregolarità contabili e di gestione. Tagliati di netto anche i compensi del legale della società “in quanto la prestazione non è risultata di alcuna utilità alla società decotta, essendosi estrinsecata nella predisposizione di due domande di concordato fondate su presupposti di fatto e giuridici radicalmente inidonei a fondare l’omologazione, ed ha anzi contribuito all’ulteriore deterioramento del patrimonio della società decotta. Con riserva di agire al fine di ripetere gli acconti già percepiti”. Non riconosciuto neppure il credito di una banca di fuori regione, per un milione e 400mila euro, “in quanto difetta la prova dell’avvenuta erogazione della somma finanziata e difetta la individuazione specifica dei titoli oggetto della pretesa prelazione”. Non prese in considerazione le richieste delle partecipate fallite e quelle di Wind jet, legate al contenzioso legale sulla cessazione dei voli. I tre quarti dei crediti in privilegio dovrebbero andare a Equitalia e all’Inps, il resto divisi tra la pletora dei principali richiedenti (180 in tutto). Spiccano per l’assenza tra le richieste di insinuazioni alcuni professionisti (e studi professionali) da sempre considerati vicini a Aeradria. Evidentemente i conti con loro erano già a posto. Gli interessati potranno fare le osservazioni del caso fino a cinque giorni prima dell’udienza. Il tutto mentre sulla sentenza di fallimento di Aeradria del 26 novembre 2013, pende ormai da più di un mese il giudizio d’appello.

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