Morto di stenti o per asfissia a Rimini. La “firma” degli scafisti sul cadavere

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RIMINI. È stato un trafficante di uomini senza scrupoli a scaricare sul ciglio della strada il cadavere del giovane trovato morto il 7 settembre in un canale di scolo nelle campagne di San Giovanni in Marignano?

È l’ipotesi che si fa largo tra gli investigatori dopo l’identificazione della vittima: Hussain Maalik, migrante pakistano di 26 anni partito un paio di settimane prima dalla Grecia, nascosto nel rimorchio di un camion, con l’illusione di un lavoro e di futuro migliore in Italia. La conferma è arrivata dall’esame del Dna. Era stato il padre a sollevare il sospetto che si trattasse proprio del suo ragazzo che non dava più notizie di sé. Alcuni connazionali suo amici che risiedono nel Bolognese lo avevano informato dall’Italia del ritrovamento del cadavere non identificato vicino a Rimini. «Temo possa essere lui» aveva detto sconsolato di fronte alla foto dell’unico oggetto personale che aveva indosso: una catenina d’argento. Chi lo ha buttato via come giocattolo rotto, infatti, si era preoccupato anche di fare sparire i documenti.

Il racconto del padre

A raccontare la storia del ragazzo ci pensa adesso il padre, anche lui pakistano residente in Grecia: lavora come stalliere in un maneggio. «Mio figlio faceva il pastore e lo stalliere, viveva in un paese a tre ore da me. L’ultima volta che l’ho visto era in partenza per l’Italia». Doveva pagare tremila euro a uno scafista di terra per raggiungere il nostro Paese, dove, a suo dire, lo aspettava un lavoro. «Non aveva l’intera somma, gli ho dato i cinquecento euro che gli mancavano». Il giovane è partito dalla Grecia tra il 20 e il 23 agosto, presumibilmente nel rimorchio di un camion. Dai tabulati del telefonino (che non è stato trovato) le ultime chiamate risultano effettuate da Brindisi a utenze di soggetti che risiedono nel Riminese. Dalla Puglia il suo disperato viaggio da irregolare (a bordo dello stesso camion sbarcato in Italia? O in un mezzo ancora più angusto come un furgone adibito al trasporto di animali?) è proseguito verso la Romagna. La destinazione è sconosciuta anche al padre, ma si può ipotizzare che non fosse lontana da via Montalbano, a San Giovanni in Marignano dove è stato trovato morto. L’autopsia non ha chiarito ancora le cause (il cadavere era in stato di decomposizione, il decesso risaliva a circa due settimane prima), ma l’assenza di segni di violenza o di ossa rotte lascia ipotizzare una fine dovuta agli stenti o all’asfissia per la permanenza prolungata in uno spazio angusto. Non sarebbe il primo migrante a fare una brutta fine durante il viaggio della speranza. I carabinieri di Riccione avevano compreso fin da subito che chi si è preso la briga di gettare un cadavere nel fosso avesse qualcosa da nascondere: adesso, diretti dal pubblico ministero Paolo Gengarelli, hanno una pista da battere. Il responsabile, e i suoi eventuali complici nel Riminese, rischiano la pesante accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina oltre quella di omissione di soccorso. A due passi dal luogo del ritrovamento del corpo si trova l’ingresso del centro ippico “Horses Riviera Resort”. È la ragione per la quale ieri i militari hanno effettuato negli uffici del maneggio un’ispezione per acquisire la documentazione relativa ai dipendenti e alle eventuali forniture di prodotti o cavalli arrivate dall’estero nell’ultima settimana di agosto.

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