Modella riminese e la dieta Auschwitz. Comunità ebraica: "Fa vomitare"

Cervia

RIMINI. C’è stata la maglietta “Auschswitzland” indossata passeggiando per le vie di Predappio. Ancora prima il cartello ribattezzato della vergogna, affisso da un meccanico riminese all’ingresso della sua officina: “Arbeit macht frei” (“Il lavoro rende liberi”). Le stesse parole che i prigionieri erano costretti a leggere quando entravano nel lager di Auschwitz. Adesso è il turno di Valentina Vignali, giocatrice di basket, modella attivissima sui social e quindi “influencer”.

Bene. Proprio su Instagram, la 27enne riminese, in una delle sue storie quotidiane ha pubblicato l’immagine di una credenza, vari prodotti alimentari e la frase “La dieta Auschwitz non la faccio manco se mi pagate”. Sommersa dalla critiche e dallo sdegno, ha cancellato tutto, scusandosi.

"Idiota e ignorante"

Daniele Regard è un esponente della comunità ebraica romana e la sua reazione sdegnata è giunta in poco tempo. «Lei è Valentina Vignali, influencer molto famosa con quasi milioni di follower - scrive sulla sua bacheca Facebook, mostrando quello che era stato scritto dalla giovane riminese -. Oggi parlando di diete ha tirato fuori questo commento da vomito. Il problema non è solo la sua totale ignoranza becera, ma che giovanissimi che la seguono leggano una cosa simile, banalizzandola. Ecco signorina Vignali, spero che le arrivi questo messaggio: ad Auschwitz le persone morivano di fame perché trattate peggio delle bestie. Erano lì per il solo fatto di essere considerate diverse. Lei non lo sa o forse lo sa ma è così idiota da usare Auschwitz per farsi pubblicità. Spero con tutto il cuore che chi la segue non la prenda come esempio, perché quello che manda è un messaggio drammaticamente sbagliato». Finale. «Influencer de che?».

Fra i quasi due milioni di follower, attirati in gran parte dalle pose e dal fisico della Vignali, molti si sono lamentati. «Battuta figlia della povertà culturale della nostra epoca, nella quale questa tipa è cresciuta». «Non siamo sempre al circo o al bar, esistono questioni delicate e persone che meritano rispetto». «Usare il nome di Auschwitz in altri contesti, è uno sminuire l’atrocità di quello che è successo nell’inferno in terra: non è e non può essere una metafora». È questa la replica a chi cercava di separare la parola dall’orrore nazista, un po’ come “Caporetto”, divenuta con il tempo un modo di dire.

Tante scuse

La show girl, che oltre a social e set fotografici, frequenta i parquet indossando la maglia dell’Azzurra Basket VCO, dopo un esordio nel Basket Cervia, ha in seguito cancellato il post, anche se in molti lo avevano salvato. A quel punto restava solo lo spazio per le scuse. «Ho usato un termine improprio con leggerezza e mi spiace se è stato offensivo - ha scritto -. Sicuramente non era mia intenzione, dato che questa esatte invece che andare a Ibiza sono stata in Austria in vacanza a vedere tra le tante cose anche i campi di concentramento». In serata ha completato l’operazione cenere sul capo. «Mi scuso per essere stata inadeguata».

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