Rimini, offre vaso antico a mago dei trapianti, l’amico paziente muore, sorvegliato speciale chiede i soldi

Rimini

RIMINI. Un sorvegliato speciale con un passato “mafioso”, un chirurgo considerato la star dei trapianti, un paziente “raccomandato” che però muore prematuramente e un vaso dell’antica Grecia che, se autentico, avrebbe un valore inestimabile. Sono gli ingredienti di una romanzesca vicenda che i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico cercano di interpretare tra mille difficoltà in un gioco di specchi e competenze territoriali che hanno fatto rimbalzare l’inchiesta tra le procure di Bologna, Rimini e Ferrara. Tutto ruota attorno a un’anfora “attica”, del VI secolo avanti Cristo, sogno proibito, almeno a prima vista, di musei archeologici di mezzo mondo. Vera o meno che sia è nelle mani di un settantenne che vive a Rimini.

Amico di Maniero

Non un pensionato qualunque, ma un uomo con un passato da affiliato a un’organizzazione mafiosa che gli è valso, tra l’altro, il regime di sorvegliato speciale. Non si è mai macchiato di fatti di sangue e non delinque più da una vita, si preoccupa solo di far fronte agli acciacchi. Resta, però, un tipo vecchio stampo, dalle mille risorse e dai modi garbati. Legato a un codice d’onore che in certi ambienti si è perso da un pezzo, è il tipo disposto a spendersi in nome dell’amicizia senza badare alle conseguenze. Come quella volta in cui, ad esempio, diede una mano a Felice Maniero, boss della mala del Brenta, in un rocambolesco tentativo d’evasione.

La lista d’attesa

Di fronte alle sofferenze di un antico compagno malato gravemente, quindi, non rimane indifferente. «Mi resta solo la possibilità di un trapianto, ma la lista di attesa è lunga mesi e mesi, anche un anno o due - gli fa quello - per me non c’è più niente da fare». Il nostro pensionato, allora, si fa in quattro e ottiene un appuntamento a Bologna con un luminare, “mago dei trapianti”. Il chirurgo, dopo la visita, allarga le braccia. «Davvero, davvero non può farci niente?». È a questo punto che, stando al racconto dello stesso sorvegliato speciale, lui ha un’illuminazione. Deve essere anche un po’ psicologo perché lo studio medico è ricco di opere d’arte anche antiche. È così che butta là la storia dell’antico vaso e il chirurgo s’incuriosisce. Ottiene di vederlo e anche di tenerselo, come gentile omaggio del singolare visitatore. Pochi giorni dopo, ma il medico ha assicurato ai carabinieri che non c’è alcuna relazione tra i due fatti, per il paziente malmesso si spalancano le porte della clinica. «Nessun favore, era un’urgenza». Alla vigilia del trapianto, però, quando tutto è pronto, l’uomo muore.

Una disdetta, per lui e per gli altri. Compreso il “mago dei trapianti” che da quel giorno viene tampinato del pensionato “riminese”. Visto come sono andate le cose, pretende il pagamento integrale del vaso che secondo lui vale almeno un milione di euro, forse anche due.

Richieste insistenti

In realtà è disposto ad accontentarsi anche di molto molto meno, ma il chirurgo comincia a soffrire quell’insistenza per l’indennizzo: la maniera di porre la questione gli ricorda singolarmente le scene di certi film visti al cinema. Legge vecchie cronache su internet. E prima di partire all’estero per un prestigioso incarico porta il vaso ai carabinieri e spiega tutta la faccenda.

Il pensionato si ritrova indagato per ricettazione (difeso dagli avvocati Fiorenzo Alessi e Stefano Brandina): quell’oggetto per sua natura non può che provenire da un delitto. Viene perquisita la sua abitazione, ma non possiede altri reperti. «Ma quale arte? - racconta lui, beffardo - L’ho comprato a Venezia tanti anni fa in una bancarella per quindicimila lire». Gli investigatori affidano a una archeologa il compito di accertare se l’anfora è originale o meno, ma la risposta non è definitiva. «Emergono forti perplessità sull’autenticità del vaso per ragioni morfologiche e per alcuni dettagli decorativi che non sembrano congruenti con la produzione attica». Servono altri esami, a partire dalla termoluminescenza. Nel frattempo, però, la procura di Rimini, si spoglia della competenza territoriale: sarà il magistrato di Ferrara a occuparsi del caso. Sarebbero emersi, infatti, dei collegamenti con una truffa commessa in terra estense. Il settantenne la prende con filosofia (ma la Grecia non c’entra). «Non sono io il furbacchione della storia».

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