Rimini, solo una denuncia per il violentatore che aveva già tentato uno stupro

Rimini

RIMINI. La notizia è di quelle che lasciano turbati. J. A., il pachistano di 44 anni, denunciato a piede libero domenica scorsa dalla polizia con l’accusa di aver rapito e violentato una studentessa riminese 23enne, è al suo secondo tentato stupro in meno di un anno. Tentato stupro consumato ai danni di una ragazza dell’Est di 24 anni, nel novembre nel 2017: lo scorso settembre, la procura della Repubblica ha inoltrato la richiesta di rinvio a giudizio per violenza sessuale, lesioni personali e sequestro di persona.

Il precedente

Anche con la prima vittima, poco meno di un anno fa, il pachistano che ha conosciuto le sue prede da dietro al banco del kebab a due passi dalla stazione dove lavora, stando all’accusa, ha usato la stessa tecnica, trasformandosi in maniaco sessuale non appena aveva chiuso dietro di sé la porta di casa, blindandola con diverse mandate. Unica diversità rispetto alla violenza subita dalla studentessa riminese, è stato l’orario. Lei è stata rapita nel cuore della notte ed era riuscita a ritrovare la libertà solo nel pomeriggio di sabato scorso. L’incubo, per la ragazza moscovita finita nel suo mirino, invece, era iniziato all’ora di pranzo del 24 novembre per finire all’una di notte. Tutte e due le ragazze, sono rimaste in balia del maniaco per dodici, lunghissime ore.

Le costrizioni

Messo piede in casa, dove si era convinta a salire dopo un breve corteggiamento, si era ritrovata subito addosso le mani del 44enne che dopo averle sfilato con forza i pantaloni, le aveva strappato gli slip. Quindi le aveva preso le mani e a suon di ceffoni, perché opponeva resistenza, l’aveva costretta a toccarlo nelle parti intime. Azione, stando alla denuncia, che sarebbe stata più volte ripetuta nelle ore del rapimento. A conferma del racconto della 24enne, il referto rilasciato dal pronto soccorso dell’Infermi. Nel certificato chiuso da una prognosi di 7 giorni, i medici scrivevano di “contusioni lievi agli arti superiori e alle mani cagionate da violenza fisica e tentata violenza sessuale”.

Giurisprudenza e dubbi

Dicitura, quella di tentata violenza sessuale, tecnicamente inesatta in questo caso. La Corte di Cassazione, infatti, ha precisato gli incerti confini tra tentativo e consumazione. I giudici con l’ermellino, hanno stabilito che sussiste la forma tentata del delitto di violenza sessuale non solo nei casi in cui non vi sia stato alcun contatto corporeo, ma anche quando il contatto si sia effettivamente verificato ma abbia interessato solo parti non erogene per tempestiva reazione della vittima. Resta invece irrilevante il tempo in cui tale condotta si sia estrinsecata. Conseguentemente, il contatto, anche fugace, delle parti intime determina la consumazione del reato di violenza sessuale. Il vero nodo da sciogliere è un altro. Come mai l’uomo, per di più un recidivo, non si trova in una cella dei Casetti?

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