«Balducci come Al Capone, in cella 12 anni»

Rimini

RIMINI. «Daniele Balducci è tanto pericoloso da poter essere paragonato ad Al Capone che proprio per reati fiscali è finito in cella dove ha visto la fine del suo “impero”». E’ il passaggio più forte della requisitoria (se si fa eccezione alla pena richiesta) del pubblico ministero Davide Ercolani nel secondo processo con rito abbreviato che vede alla sbarra l’ex consulente del tribunale di Rimini per le ipotesi di reato di concussione, peculato, e falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Reati per cui la pubblica accusa ha chiesto 12 anni di reclusione.

Per conoscere la sentenza bisognerà attendere il pomeriggio del prossimo 2 aprile. E’ la data infatti in cui il Gup Vinicio Cantarini ha riconvocato le parti (Balducci è difeso dall’avvocato Piero Ippoliti Martini) al termine dell’udienza che ha visto anche l’entrata nel dibattimento di tre parti civili. La curatela fallimentare rappresentata dall’avvocato Maurizio Ghinelli per i fallimenti di tre società (Punto Shop Retail, Tecnoma Srl e Arredo Collection); un cancelliere del tribunale civile di riminese di cui Balducci avrebbe falsificato anche la firma (che ha affidato la sua difesa all’avvocato Stefano Caroli) e l’imprenditore Vincenzo Cardinale che con la propria denuncia, di fatto, ha dato il via alla fine del commercialista. Balducci infatti si offrì di aiutare Cardinale alle prese con il fallimento delle propria società, previo pagamento di 95 mila euro. Somma che in un primo tempo Cardinale voleva pagare. Poi, consultatosi con il proprio legale che lo tutela anche nel giudizio, l’avvocato Gianluca Sposito, denunciò tutto alla finanza che mise il suo telefono sotto controllo, decretando come detto l’inizio della fine per Balducci. Il Gup ha rigettato invece la richiesta della difesa che chiedeva il riconoscimento dell’incompetenza territoriale.

Il noto professionista riminese lo scorso mese di ottobre ha subito una prima condanna a 10 anni di reclusione per essersi intascato 963 mila euro dai conti di tre procedure fallimentari. Appropriazione avvenuta attraverso vari artifici compresa la falsificazione delle firme di giudici sui mandati di pagamento.

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