Rimini, operata ai calcoli morì a 37 anni: familiari risarciti con un milione di euro

Rimini

RIMINI. A distanza di nove anni dalla tragedia, la morte di una riminese di 37 anni dopo un intervento chirurgico, il Tribunale civile di Bologna ha condannato l’Ausl di Bologna (policlinico Sant’Orsola Malpighi) a risarcire i familiari (marito, figlia e fratello) con una somma complessiva, comprensiva degli interessi legali, vicina al milione di euro.

Diversamente da quanto accaduto in sede penale dove la responsabilità va accertata «al di là di ogni ragionevole dubbio» la giustizia civile, nella persona del giudice Maria Laura Benini, ha riconosciuto «la responsabilità del personale sanitario e, con esso, dell’azienda sanitaria» bolognese.

L’esito infausto, secondo quanto si legge nella sentenza di primo grado emessa nei giorni scorsi sarebbe stato «cagionato da un’errata scelta chirurgica e dalla omessa esecuzione di esami pre-operatori finalizzati a escludere un’infezione urinaria in atto».

La donna morì in ospedale il 17 ottobre 2009, dopo un banale intervento per la rimozione di un calcolo, presumibilmente a causa di uno choc settico susseguente proprio alla sepsi urinaria post-operatoria. L’equipe medica, inizialmente indagata per omicidio colposo, è uscita indenne dall’inchiesta penale aperta subito dopo l’accaduto con l’ipotesi di omicidio colposo dalla procura di Bologna.

La battaglia dei familiari, assistiti dall’avvocato Saverio Bartolomei, è però proseguita in sede civile dove il criterio di accertamento del nesso di causalità risponde alla logica del “più probabile che non”. Il punto nodale evidenziato dalle perizie è la presunta inadeguatezza dell’attività diagnostica precedente all’intervento chirurgico.

La donna si era sentita male dopo essersi sottoposta a una comunissima “litotrissia”, un intervento programmato per la frantumazione dell’unico calcolo renale che da qualche tempo le dava ricorrenti fastidi. Sposata e madre di tre figli, la paziente morì a meno di tre giorni dal ricovero.

Si era indirizzata a Bologna per guadagnare tempo: era in lista a Forlì, ma avrebbe dovuto attendere qualche settimana in più. Tutti la rassicuravano: «Non ti preoccupare, è un intervento di routine». Un «bombardamento» del calcolo renale, da effettuarsi sotto anestesia nel reparto di urologia. Un trattamento collaudato e in genere senza inconvenienti: forse per questo che non ci si preoccupò troppo di approfondire l’origine di un’infezione batterica evidenziata circa due settimane prima dell’intervento. Dopo aver fatto ritorno in corsia si rivolse al fratello che l’assisteva dicendogli qualcosa come: «Non me l’hanno frantumato completamente». Poi più niente. Spossata e in preda a un malessere generale non ce la faceva neppure a parlare. Nel giro di poco tempo la situazione precipitò e la donna morì dopo tre giorni.

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