Rimini, dopo otto anni viene assolto e riottiene i suoi appartamenti

Rimini

RIMINI. Per otto anni ha visto i quattro appartamenti ricevuti in eredità dalla zia, gestiti da un amministratore giudiziario nominato dal tribunale. E non era neanche la notizia peggiore. Se ieri pomeriggio il giudice Di Florio lo avesse condannato così come richiesto dall’accusa, quegli immobili gli sarebbero stati confiscati. Con la sentenza assolutoria, il giudice ha anche disposto l’immediata riconsegna degli immobili al legittimo proprietario, che in questo lungo braccio di ferro con la giustizia, si è fatto assistere dall’avvocato Stefano Barbiani. Che ora attende di leggere le motivazioni della sentenza, il cui deposito è previsto tra 90 giorni.

La storia

La vicenda giudiziaria del proprietario immobiliare inizia il 15 luglio del 2010, quando una pattuglia interforze composta da agenti della divisione di Polizia amministrativa della questura e vigili urbani, si presenta in via Rosmini, al Ghetto Turco, dove il riminese ha ceduto con regolare contratto d’affitto le quattro case ad altrettanti cittadini stranieri. Che a loro volta subaffittano letti ad altri disgraziati che per vivere vendono merce contraffatta ai turisti in spiaggia e sulle passeggiate. Ben 23 i senegalesi contati a fine controllo. Peculiarità del blitz è che però solo un sacco con pochi pezzi taroccati viene trovato in un alloggio. Il resto della merce viene recuperata in buche scavate in un campo vicino al caseggiato. Molta, addirittura, sarà trovata tra le chiome degli alberi. Arrestati un paio di clandestini e denunciato il proprietario del sacco, gli agenti se ne erano andati. Il proprietario, come ha dimostrato al giudice, subito dopo aveva comunicato lo sfratto agli intestatari dei contratti. Che non l’hanno presa bene. E secondo la tesi della difesa, per vendicarsi, hanno voluto mettere nei guai anche il loro padrone di casa. E, dopo aver forzato le serrature di due ripostigli, avevano nascosto molta altra nuova merce in un luogo di pertinenza solo del riminese.

Così, quando un mese dopo polizia e vigili urbani erano tornati per un nuovo controllo, quei borsoni pieni di merce con griffe contraffatte, difese da due catene perché le serrature dei capanni erano state forzate, hanno fatto scattare la denuncia per detenzione di materiale contraffatto e ricettazione del proprietario. Accuse che hanno permesso alla procura di chiedere il sequestro degli immobili, caduto ieri.

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