Lascia beni per 2 milioni alla Diocesi di Rimini. Confessore accusato di circonvenzione

Rimini

RIMINI. Ben 95 anni l’imputato, 89 sono invece le candeline spente dalla sua accusatrice. Più della prescrizione del reato, preoccupa l’età anagrafica dei protagonisti, visto che il processo partito nel settembre del 2015, ora riparte da zero dopo il cambio di giudice. Sono i “dettagli” della vicenda che vede sedere sul banco degli imputati, con l’accusa di circonvenzione di incapace, un anziano sacerdote cui un’anzianissima fedele (scomparsa all’età di 101 anni), in rotta con la sorella, ha donato tre immobili e terreni per un valore di 2 milioni di euro. Beni, come si legge nell’ultimo testamento redatto dalla signora, non destinati a lui personalmente ma alla Diocesi di Rimini, «perché provveda alle necessità dei poveri».

L’accusa

Il religioso, difeso dall’avvocato Piero Venturi, è sospettato di aver influenzato in qualche modo le ultime “volontà” della donna, messe nero su bianco all’insaputa della sorella (beneficiaria di un vecchio testamento risalente al 1983, poi confermato nel 1998). La signora, secondo l’ipotesi accusatoria, non sarebbe stata neppure più pienamente in sé, nel momento della compilazione del testamento olografo in favore della Diocesi di Rimini. Alla Chiesa riminese finirono tutti i suoi beni: tre appartamenti, in zona centrale, e dei terreni.

Dell’esistenza di un terzo testamento, la sorella venne a conoscenza solo due anni e mezzo fa, alla morte della congiunta: insospettita dalla circostanza, oltre che indispettita dalla scoperta si rivolse alla giustizia attraverso l’avvocato bolognese Alessandro Gamberini. In parallelo con l’inchiesta penale la donna diseredata ha avviato anche un’azione civile, proprio a partire dall’impugnazione dell’atto contestato.

L’approfondimento in sede penale servirà a comprendere meglio i contorni della vicenda e a indirizzare la causa milionaria nella quale gli interessi della Diocesi sono curati dall’avvocato Silvana Rossi.

Perizie contrastanti

Durante le indagini è emerso che il sacerdote faceva regolare visita all’anziana per somministrarle la comunione e che in più occasioni la donna aveva espresso l’intenzione di lasciare i suoi beni alla Chiesa. Secondo la difesa alcuni testimoni avevano avvalorato la circostanza, in particolare la badante. Prima di procedere con la volontà della parrocchiana, che lui sapeva essere sola, il sacerdote doveva aver avuto qualche dubbio sulla opportunità del lascito. Aveva quindi chiesto il parere di uno psichiatra riminese di sua conoscenza, che svolge anche attività di medico legale. Lo specialista, dopo una visita sullo stato mentale dell’anziana, la giudicò nel possesso delle facoltà mentali, nonostante l’età avanzata e le varie patologie fisiche di cui soffriva.

La documentazione in possesso dei familiari della signora deceduta, recuperata attraverso il medico di base e l’Ausl, smentirebbe quel giudizio. In particolare alla donna era stato riconosciuto anche l’assegno di accompagnamento proprio perché da tempo affetta, tra l’altro, da demenza senile. Nella fase delle indagini il consulente della procura era giunto alla stessa conclusione: a suo avviso l’anziana non era più capace di intendere e di volere alla firma del testamento.

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