Rimini, salta il ricorso contro il licenziamento. Tutta colpa dell’avvocato mancato

Rimini

RIMINI. Senza scrupoli e pietà. Si è fatto anticipare 500 euro da una lavoratrice che si era affidata ai suoi servizi per aprire una pratica di opposizione all'ingiusto licenziamento. Una "missione" che non poteva però portare avanti perché della sua abilitazione ad esercitare la professione forense: le indagini della procura della Repubblica, hanno detto che non c'è traccia nelle segreteria dell'Ordine degli avvocati di Rimini e neppure in quella della Repubblica di San Marino. Il truffatore, S.A, riminese classe 1975, adesso è a processo, difeso da due legali veri, gli avvocati Massimiliano Cornacchia e Gilberto Gianni, per truffa ed esercizio abusivo della professione. Davanti al tribunale monocratico, c'è finito dopo aver “ripudiato” il decreto penale di condanna al pagamento di 15.800 euro (pena sospesa) emesso dal Gip.

Il contrappasso

Ora, alla stessa legge che ha sfruttato spacciandosi per avvocato, in apertura di processo, palese ammissione della propria responsabilità, ha chiesto la possibilità di poter evitare la condanna, venendo ammesso all'ufficio della messa alla prova. Si tratta di un Istituto di cui possono beneficiare tutti i cittadini qualunque. Requisito necessario è che la pena massima prevista dal codice di sia di 4 anni di carcere e che al pentimento, rafforzato da un lavoro di pubblico utilità non pagato, si unisca il risarcimento del danno cagionato. Condizione quest'ultima ineludibile dal tribunale, anche se l'imputato si dice indigente.

La trappola

Ma come ha fatto la vittima a cadere nelle mani del truffatore che, è stato accertato, si faceva pubblicità anche su Internet oltre a spargere a mani piene bigliettini da visita con la dicitura avvocato? Nel suo caso, a tradirla, è stato il rapporto di amicizia che aveva da tempo con lui. Così quando si è ritrovata senza lavoro, che non ha mai potuto riprendere perchè la pratica non è mai stata avviata, ha ha subito pensato a lui per essere aiutata. E andata peggio alla seconda vittima presente nel processo, un'altra signora che per dirimere due contenzioni con altrettanti istituti di credito, ha versato nelle mani del falso avvocato, in diverse trance, e sempre con la scusa di far fronte a spese legate alle cause, 4.880 euro. Che non ha esitato un'altra volta a beffarsi della legge, emettendo una fattura dall'importo “scontato” di 1.500 euro. La signora che ha perso il lavoro, si è costituita parte civile attraverso l'avvocato Paolo Ghiselli.

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