Violenza sessuale e stalking, richiedente asilo condannato a tre anni a Rimini

RIMINI. Un richiedente asilo di 24 anni, originario della Guinea, è stato condannato a tre anni per il reato di violenza sessuale e stalking. La sentenza è arrivata ieri al termine del processo con rito abbreviato (il pm Davide Ercolani ha chiesto 5 anni), in cui al centro c’era una vicenda giudiziaria iniziata alcuni mesi prima, quando una donna ha sporto querela e ha raccontato quanto stava accadendo all’interno di un centro di accoglienza della Valmarecchia. È lì che la donna andava per lavoro e il ragazzo era invece ospitato per il suo status di richiedente asilo. Stando a quanto riferito dalla vittima, il 24enne in più occasioni si era avvicinato per accarezzarla al viso, alle gambe, alle mani e ai capelli. Uno degli episodi emersi aveva visto il ragazzo entrare nello stanzino di un magazzino della struttura dove era in quel momento la donna: chiusa la porta alle sue spalle e restati al buio, il 24enne aveva iniziato ad accarezzare la donna, la quale era scappata. Un’altra volta le aveva stretto la gamba all’altezza dell’inguine, lei aveva opposto resistenza ma lui aveva insistito rimettendo la mano, questa volta in modo più violento, sullo stesso punto. E ancora: sulle scale, il giovane aveva toccato il sedere alla donna, che gli aveva subito intimato di smetterla. Le parole però non sono state sufficienti e il richiedente asilo è andato avanti nel tempo con alcuni messaggi e telefonate in cui le diceva, tra l’altro, di «fare la brava» con lui. Una vicenda in cui la vittima, difesa dall’avvocato Alessandro Totti, era finita in uno stato di ansia e paura per la propria incolumità fisica, tanto da confidarsi anche con dei colleghi ai quali aveva spiegato che era intenzionata a cambiare lavoro. Poco dopo avere sporto querela, il giovane, difeso dall’avvocato Gisella Caltavuturo, era stato colpito da un provvedimento che gli impone tutt’ora di mantenere almeno cinquecento metri di distanza dalla donna e dai luoghi che lei frequenta abitualmente. Il profugo, adesso, si trova in un’altra comunità di accoglienza.

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