Lolli forse tra i rivoltosi libici, probabile una nuova evasione

Rimini

RIMINI. Potrebbe esserci anche Giulio Lolli, il bertinorese ex patron di Rimini Yacht, tra i 400 detenuti evasi domenica scorsa da un carcere vicino a Tripoli, in Libia, in conseguenza dei violenti scontri scontri tra milizie rivali che negli ultimi giorni hanno provocato una cinquantina di vittime.

Gli agenti di sorveglianza della prigione di Ain Zara, la stessa nella quale stando alle ultime informazioni era detenuto anche Lolli, non sono state in grado di “domare” la rivolta, anche per l’aria pesante che si respirava nell’area circostante, teatro della battaglia. Così le porte della prigione si sono spalancate. Se tra gli evasi ci fosse davvero pure il romagnolo, per lui sarebbe la seconda rocambolesca fuga da un carcere libico. Era l’agosto del 2011: sposò la causa dei suoi liberatori entrando a far parte delle “Forze Rivoluzionarie” per poi essere «decorato dal viceministro della difesa - secondo quanto scrisse sul proprio blog lo stesso Lolli - del primo governo post Gheddafi». Il cambio degli equilibri politici, però, lo ha fatto finire di nuovo in disgrazia, accusato di addebiti gravi come il traffico d’armi. Conferme della sua liberazione, però, non ne ha nessuno e i suoi familiari dall’Italia tengono il fiato sospeso. Lolli, infatti, non avrebbe ancora contattato nessuno: anche se fosse libero avrebbe molte buone ragioni per attendere un po’ prima di farsi vivo. All’oscuro del destino del proprio assistito è anche l’avvocato Antonio Petroncini: neppure il legale trova, infatti, interlocutori attendibili a Tripoli, capitale di un Paese ripiombato nel caos. Nella città vige lo stato di emergenza. Gli scontri, tra fazioni vicine al generale Khalifa Haftar e lealisti fedeli al governo guidato dal primo ministro Fayez al Serraj e appoggiato dall’Onu, risalgono alla scorsa settimana. Un ennesimo eventuale ribaltone politico-militare potrebbe creare nuove opportunità per Lolli. L’ex imprenditore, da più di otto anni in fuga dall’Italia per le truffe degli scafi di lusso, era agli arresti in Libia dal 29 ottobre 2017. Due mesi fa la procura generale di Tripoli aveva specificato i capi di accusa: traffico d’armi, truffa e il coinvolgimento nel supporto a gruppi armati anti-governativi.

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