Hotel fantasma, a Rimini in arrivo altri 26 clienti, bloccate 15mila pagine sui siti internet

Rimini

RIMINI. Stroncato il maxi giro di truffe, bloccate 15mila pagine sui siti web dove si poteva prenotare l’hotel fantasma di Rivazzurra, finito nel mirino dei vigili nei giorni scorsi.

Indagini andate avanti

L’assessore alla Polizia municipale, Jamil Sadegholvaad, aveva annunciato il prosieguo delle indagini partite la scorsa settimana dopo la segnalazione dell’Associazione italiana albergatori che aveva denunciato una struttura riminese ormai chiusa da tempo che però “attirava” clienti da tutta Europa. Quando sono intervenuti, gli agenti della municipale avevano infatti trovato davanti all’ingresso sbarrato dell’albergo di Rivazzurra una famiglia francese che aveva prenotato una stanza per una notte e che per sua fortuna era stata ospitata da una struttura vicina.

L’arrivo dei truffati

L’attività investigativa quindi è andata avanti e lunedì scorso è riuscita, dopo un lavoro complesso, a far bloccare le prenotazioni su circa 15mila pagine in internet.

Non solo, i vigili hanno scoperto anche che tante altre persone erano in arrivo nella struttura ricettiva e tutte avrebbero avuto la stessa sorte: trovarsi davanti a un hotel chiuso dopo avere versato i soldi per le camere. Nello specifico, da informazioni prese dal dipartimento commerciale della società che, ignara della chiusura, vendeva le stanze dell’hotel, gli agenti della municipale hanno scoperto che erano in arrivo altri 26 clienti.

Rimborsi e appelli

L’operatore che si occupa delle prenotazioni ha quindi assicurato alla polizia locale che i turisti in arrivo saranno contattati e mandati in altre strutture ricettive di uguale o superiore categoria, mentre verranno rimborsati quelli che hanno già pagato e non hanno usufruito del soggiorno, previa segnalazione al servizio clienti del sito dove hanno acquistato le stanze.

Gli agenti della polizia fanno inoltre sapere che le indagini andranno avanti e dall’Aia hanno lanciato un appello anche nei giorni scorsi, per voce della presidente Patrizia Rinaldis: «Non bisogna avere paura di denunciare, se si vedono altre situazioni del genere si può chiamare l’Aia, questa gente va cacciata dal nostro territorio. Abbiamo dimostrato che si può fare qualcosa, a questa gente non va più permesso di lavorare e gettare discredito».

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