Caso nonnismo, accusato di omicidio dopo 19 anni militare riminese nega: «Non ero presente». Ma spunta un teste

Rimini

RIMINI. «Con l’omicidio Scieri non c’entro. A quanto ricordo non ero neppure in caserma perché in licenza». L’accusa di omicidio volontario che improvvisamente gli piomba addosso ha indotto il trentanovenne militare “riminese” (A.A. le sue iniziali), sconvolto e stupefatto dagli ultimi sviluppi dell’inchiesta che lo riguardano, a “sfogarsi” con le persone più strette. Prima di ritrovarsi davanti agli investigatori per chiarire la sua posizione, però, l’indagato vuole evitare di essere tratto in inganno perfino dalla propria memoria per evitare inutili inesattezze. Così il caporalmaggiore del Vega, convocato dalla procura di Pisa, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Una scelta “tecnica” dettata dalla necessità da parte dei difensori, avvocati Massimo Cerbari e Federico Morri, di conoscere meglio i contorni della vicenda. Dopo i contatti con gli investigatori è stato sufficiente un fax per evitare la trasferta toscana di fronte al sostituto procuratore Sisto Restuccia. Entrambi gli ex commilitoni indagati con la medesima accusa hanno fatto la stessa scelta. I legali dell’unico ai domiciliari, un trentanovenne romano residente negli Stati Uniti, nel frattempo hanno preannunciato il ricorso al Riesame. Questi ha fatto mettere a verbale una dichiarazione nella quale si dichiara totalmente estraneo ai fatti. Anche il romano sostiene di essersi trovato in licenza nelle ore in cui accadde la tragedia.

I documenti

Gli statini delle presenze relativi all’epoca dei fatti, però, secondo procura e polizia, non sono da considerare attendibili per la possibilità di manomissioni al registro delle presenze e per il fatto che quei documenti non provano, in ogni caso, l’effettivo allontanamento dalla caserma della recluta. Gli inquirenti avrebbero raccolto la testimonianza di un ex militare che colloca i tre parà indagati in caserma la sera del 13 agosto 1999, quando Emanuele Scieri scomparve.

Scieri - denudato e picchiato - sarebbe stato indotto a salire su una scala alta sedici metri normalmente utilizzata per l’asciugatura dei paracadute dalla quale precipitò in conseguenza delle violenze, e poi sarebbe stato abbandonato agonizzante in una zona lontana dalla vista. Poteva essere salvato secondo le perizie: il corpo, invece, fu ritrovato solo tre giorni dopo.

Il riminese, l’unico ancora militare degli indagati, diciannove anni fa non era stato neppure lambito dalla prima indagine che archiviò il caso come suicidio, ma semplicemente ascoltato al pari di tanti altri. Le “riletture” a distanza di tempo possono portare a errori di valutazione. Va ricordato che l’inchiesta è solo all’inizio e mai come in questo caso vale la presunzione di innocenza. Al vaglio degli investigatori, a caccia dei segreti del passato, ci sono anche due computer e dei cd sequestrati nel corso della perquisizione.

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