Albergatore di Rimini sotto sorveglianza per ordine del Tribunale

Rimini

RIMINI. Il Tribunale di Rimini ha applicato la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di dimora nel comune di Rimini per tre anni nei confronti di un imprenditore di origine campana, residente da tempo a Rimini. Oltre alle limitazione riguardanti i suoi futuri spostamenti (non potrà rincasare oltre la mezzanotte né allontanarsi dalla dimora senza preavviso), i giudici - accogliendo la proposta del pm Luca Bertuzzi - hanno ordinato la confisca di una serie di beni riconducibili al soggetto. Il provvedimento, eseguito dai carabinieri di Rimini che hanno indagato sul caso riguarda le quote societarie della società in liquidazione dell’imprenditore e le ditte individuali che gestivano alcuni hotel, secondo gli investigatori intestato a semplici prestanome dell’imprenditore, già precedentemente sottoposte a sequestro.

Il destinatario, che è convinto di potere chiarire tutto e farà ricorso in appello, è assistito dall’avvocato Roberto Brancaleone. Si tratta di G. C., 38 anni, originario di Castellamare di Stabia (Napoli), a lungo tempo residente a Verucchio prima di trasferirsi a Rimini. A partire dal 2010 fu protagonista di una rapidissima ascesa nel panorama dell’imprenditoria alberghiera della riviera romagnola finanziata, secondo i giudici, con il «reimpiego da parte sua di proventi illeciti». La principale ragione della confisca risiede proprio nella sproporzione tra i beni posseduti rispetto al reddito dichiarato e all’attività svolta. La “prevenzione”, istituto teso a colpire personaggi legati alla criminalità e patrimoni sospetti, può infatti utilizzare elementi derivanti da procedimenti penali indipendentemente dal loro esito, facendosi carico di individuare circostanze rilevanti accertate nel giudizio penale e valutarle anche in un’ottica diversa. Ma oltre a qualche vecchio guaio giudiziario all’albergatore si “imputano” frequentazioni pericolose con soggetti vicini a clan camorristici. «Né può essere trascurato il fatto - scrivono i giudici - che all’interno delle strutture alberghiere da lui gestite nel corso degli anni 2014 e 2015 sia stato spesso osservato il posteggio di autovetture intestate a individui in alcuni casi legati al traffico di stupefacenti o comunque gravati da precedenti penali o di polizia in ordine a gravi reati». Appare fondata l’ipotesi, ad avviso del Tribunale, che l’uomo «possa continuare a perpetrare condotte di natura delittuosa in senso lato patrimoniale, procurandosi così incrementi di ricchezza altrimenti inspiegabili».

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