Stupri a Rimini, fissato il giudizio di appello. Per la difesa Butungu è da assolvere

Rimini

RIMINI. È stata fissata la data per la prima udienza del processo di secondo grado per gli stupri avvenuti a Rimini nell’estate 2017. Guerlin Butungu, il congolese che ha da poco compiuto 21 anni nel carcere di Pesaro dove è detenuto, comparirà davanti ai giudici della prima sezione penale della Corte d’assise d’appello di Bologna a partire dal 19 ottobre prossimo.

In primo grado prese 16 anni

In primo grado, il 10 novembre 2017, il Tribunale di Rimini (presidente Silvia Corinaldesi, Benedetta Vitolo, Manuel Bianchi), andando oltre le pretese dell’accusa, condannò l’imputato a sedici anni di reclusione (sarebbero stati ventiquattro, ma il “capobranco” ha usufruito dello “sconto” di un terzo per la scelta del rito abbreviato). Fu riconosciuto colpevole, in “continuazione”, di tutti i reati contestati. Era accusato di essere il principale responsabile dei fatti di Rimini dell’agosto 2017, con il concorso di tre complici minorenni (reclusi in un carcere minorile nel frattempo sono stati condannati sia in primo sia in secondo grado a nove anni e otto mesi ciascuno).

Butungu risponde di duplice violenza sessuale di gruppo, lesioni e rapina per le aggressioni alla coppia di turisti polacchi e alla transessuale peruviana; di violenza sessuale e rapina per l’aggressione di due settimane prima nei confronti di una coppia all’uscita di una discoteca, di rapina nei confronti di due ragazzi italiani, di spaccio di droga nei confronti dei suoi giovanissimi amici.

La difesa punta a ribaltare il verdetto

L’imputato, nel corso del processo riminese, non disse neppure una parola per scusarsi. Nel giudizio di secondo grado avrà la possibilità di comparire in aula e potrà chiedere di essere sentito. I difensori del congolese, avvocati Riziero Angeletti e Francesco Zacheo, puntano a ribaltare il verdetto del tribunale di Rimini: nel ricorso chiedono l’assoluzione di Butungu per tutti i capi d’imputazione. Le parziali confessioni degli interrogatori, a loro avviso, sono dovute solo a incomprensioni linguistiche e alla paura di incorrere in conseguenze ancora più gravi «che ha ritenuto poter fugare solo con un atto dimostrativo di assunzione di responsabilità». Butungu, per i suoi legali, non ha violentato nessuno: né la turista polacca («Nessuna delle ricostruzioni e delle descrizioni effettuate dalla donna consentono di risalire a lui») né la trans peruviana («Fu un rapporto consensuale»). Oltre alle due violentate (assistite dagli avvocati Enrico Graziosi e Maurizio Ghinelli) si sono costituiti parte civile l’associazione Butterfly (avvocato Elena Fabbri); l’Ausl (avvocato Roberta Sama); la Regione (avvocato Vittorio Manes) e il Comune di Rimini (avvocato Ghinelli).

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