Gli rubano la moto, gambettolese la ritrova venduta a pezzi sul web

Moto

RIMINI. Gli rubano la moto, ma qualche settimana dopo, setacciando gli annunci sul web, si accorge che qualcuno la sta vendendo a pezzi su internet.

A quel punto contatta l’inserzionista e ottiene di vederli di persona e toccarli con mano. Convinto di averli riconosciuti come suoi, dai graffi e da una particolare abrasione, fa intervenire la polizia. Protagonista della vicenda è un ventiquattrenne di Gambettola alla quale il 10 giugno a Riccione è stata “soffiata” una Mv Agusta F3/675 cc.

A finire nei guai, invece, sono stati i venditori - un trentenne di Rimini e un quarantaquattrenne di Riccione, entrambi difesi dall’avvocato Cristian Brighi - titolari di un’officina meccanica a Rimini (L.L. e P.S. le loro iniziali). Entrambi sono stati denunciati a piede libero dagli agenti delle Volanti della questura intervenuti dopo la segnalazione con l’accusa di ricettazione.

La loro attività, situata nella zona di via del Pino e che comprende un magazzino con circa 2.500 pezzi di ricambio è stata posta sotto sequestro (probatorio) su iniziativa del pm Davide Ercolani. I due meccanici poche settimane fa, per la stessa accusa, hanno patteggiato la pena, sospesa, di un anno e dieci mesi ciascuno. Stavolta giurano che si tratta di un equivoco, ma il sospetto degli investigatori è che, invece, ci siano ricascati. Nella vecchia vicenda, risalente al 2016, erano stati fermati alla guida di un furgone all’uscita del casello dell’A14 di Rimini sud. Nel cassone gli agenti avevano trovato i “pezzi” di due motociclette, una Kawasaki Ninja e una Ducati, risultate rispettivamente rubate a Roma e in Lombardia. Oggi come allora la giustificazione è sempre la stessa: aver acquistato a loro volta i ricambi a San Marino o su Internet, in tempi diversi e in questo caso precedenti al furto, ma senza alcun documento in grado di avvalorare la loro versione.

Nel corso della vecchia inchiesta che li riguardò, sotto la lente degli investigatori finirono oltre duemila annunci (su siti specializzati) dove venivano messi in vendita accessori di marche prestigiose a prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli di listino, per un giro d’affari di svariate decine di migliaia di euro. Per il controverso caso di una moto rubata si era ipotizzata inizialmente nei loro confronti anche l’accusa, poi caduta, di riciclaggio. Chiusa la vicenda giudiziaria hanno riavuto indietro gran parte del magazzino, aperto una nuova società e un’altra officina meccanica. Se le accuse recenti si dimostreranno vere, per loro saranno guai.

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