Morte Hayden, rinviato a giudizio l’investitore. In aula il 10 ottobre

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RIMINI. Dieci ottobre 2018. È la data fissata ieri mattina dal Gup Vinicio Cantarini per celebrare il processo che vedrà seduto sul banco degli imputati, con l’accusa di omicidio stradale, il magazziniere morcianese che il pomeriggio del 17 maggio del 2017, alla guida della Peugeot 206 cabrio intestata alla madre, ha travolto l’ex iridato della MotoGp Nicky Hayden, morto dopo 5 giorni di agonia al Bufalini di Cesena. I difensori dell’automobilista, gli avvocati Francesco Pisciotti e Pierluigi Autunno, hanno chiesto e ottenuto dal giudice di celebrare il dibattimento con rito abbreviato. Una scelta dettata dalla possibilità di ottenere, in caso di condanna, uno sconto di un terzo della pena ma, soprattutto, di veder ridotti al minimo i tempi per arrivare alla conclusione, quantomeno della partita penale, di questa tragica vicenda. Un dramma che oltre ad aver segnato la famiglia di “Kentucky Kid”, ha stravolto la vita del suo investitore. Il giovane, infatti, ha perso completamente la propria serenità, tanto da essere stato costretto a lasciare il lavoro.

Storia infinita

Peculiarità di questo procedimento la circostanza che in aula non ci saranno i parenti di Hayden. L’avvocato Vittorio Barbera del Foro di Roma che con il collega Mauro Gualtieri tutela la sorella di Hayden, non ha infatti accettato la decisione del giudice di concedere il rito abbreviato. Il rifiuto ha fatto decadere automaticamente la richiesta di costituzione di parte civile della congiunta del campione. Nel processo penale resterà solo la perizia del loro consulente di parte, che dà tutta la colpa della tragedia all’operaio morcianese. La sua mancata partecipazione al processo non rappresenterà comunque un ostacolo per eventuali azioni che la sorella vorrà intraprendere in sede civile, anche in caso di assoluzione dell’automobilista.

Tre risposte per una tragedia

Tre perizie e una sola verità certa, per il momento: la morte di un campione amatissimo, ricordato con grande commozione su tutti i circuiti della MotoGp e della Superbike, ultimo campionato che lo ha visto sulla griglia di partenza. La consulenza fatta dal perito della famiglia Hayden attribuisce tutta la colpa della tragedia all’automobilista. Cosa che invece non fa il perito del pubblico ministero Paolo Gengarelli, l’ex responsabile dell’ufficio incidenti della polizia stradale di Rimini Orlando Omicini. Il giovane che ha investito Hayden, secondo la sua ricostruzione, al momento dell’impatto viaggiava a 72,8 chilometri all’ora anziché ai 50, che è il limite consentito in quel tratto. Se fosse stato entro il limite consentito «sia continuando a velocità costante, sia reagendo e frenando, l’incidente sarebbe stato evitato» e Hayden «sarebbe transitato appena davanti al veicolo» evitando l’impatto. Omicini, però, scrive anche che «qualora il ciclista avesse rispettato il doppio segnale di fermarsi e dare la precedenza, l’incidente sarebbe stato interamente evitato» perché l’autista della Peugeot «non sarebbe stato chiamato a mettere in atto nessuna manovra d’emergenza». Non è stato invece in grado di stabilire se «l’accertato uso degli auricolari» da parte di Hayden, un iPod con musica accesa «avesse permesso al ciclista adeguate capacità uditive». Il professor Alfonso Micucci, ricercatore del Dipartimento di ingegneria civile, chimica, ambientale dell’università di Bologna, perito della difesa, punta invece sulla responsabilità piena di Hayden. Sostiene infatti che se anche l’automobilista avesse rispettato il limite di velocità, non sarebbe stato in grado di evitare l’impatto con il ciclista sbucato davanti alla sua auto, senza rispettare lo stop, a 20,6 km orari.

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