Automobilista investì e uccise un ragazzo: lo zio va sotto casa e lo minaccia di morte

Rimini

RIMINI. Lo zio cinquantenne di un adolescente morto in motorino per le conseguenze di un incidente stradale è andato più volte sotto casa dell’automobilista che aveva investito il ragazzo ed è finito sotto processo con l’accusa di stalking. Arrabbiato per l’esito del processo concluso con un patteggiamento a due anni di reclusione aveva manifestato l’intenzione di farsi giustizia da solo rivolgendosi alla moglie dell’automobilista, dopo essersi qualificato come un parente del ragazzino: «Mi saluti suo marito e gli dica che lui campa fino a quando lo dico io».

L’altra minaccia

In un’altra circostanza si era ritrovato faccia a faccia con l’uomo e gli aveva detto senza mezzi termini di guardarsi le spalle: «Adoravo mio nipote e per lui posso farmi anche venti anni di galera, visto che tu non hai fatto nemmeno un giorno».

Per evitare che le minacce potessero trasformarsi in realtà l’automobilista aveva denunciato il parente della vittima. Ne era seguito un divieto di avvicinamento nei confronti dello zio dell’adolescente (difeso dall’avvocato Massimo Melillo) alla famiglia dell’altro. Inizialmente doveva stare alla larga almeno cinque chilometri, poi ridotti a cinquecento metri. La tragedia della morte del ragazzo, diciassettenne, distrusse la vita dei genitori e dei parenti più prossimi. Il fatto risale all’autunno del 2016 e l’elaborazione del lutto si è rivelata una chimera per una famiglia la cui vita ruotava attorno ai sogni di un adolescente, bravo studente e grande appassionato di sport. Un sabato pomeriggio il suo scooter venne centrato in una località della Valconca dalla Jeep con il cattolichino al volante: si parlò di un sorpasso azzardato da parte dell’automobilista. Il suo avvocato difensore, Carlo Caparrini, strappò un accordo al ribasso per il patteggiamento, giudicato incongruo dal giudice che elevò la pena (sospesa grazie al beneficio della condizionale) complessiva a due anni. Mettendosi nei panni dello zio persecutore, l’automobilista - che a sua volta non ha mai superato pienamente lo choc per l’incidente - nelle scorse settimane ha deciso di rimettere la querela per stalking. Alla vigilia dell’udienza, però, il parente del ragazzo è tornato a farsi vedere sotto casa. «Viviamo nel terrore» ha detto il cattolichino al giudice, intenzionato a rimangiarsi la remissione di querela che invece il giudice ha ritenuto irrevocabile (il pm avrebbe voluto procedere contro il parere dell’avvocato Melillo). Accusa cancellata, non ci sarà una nuova denuncia: lo zio ha chiesto perdono e promesso di non ripetere i suoi comportamenti minacciosi. «A volte il dolore è così forte che non mi trattengo: ho visto crescere mio nipote, gli volevo un bene immenso». I due uomini, alla fine, si sono stretti la mano, entrambi con le lacrime agli occhi.

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