Scoperti i tesoretti dei finti poveri: in trenta fuori dalle case popolari

Rimini

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Controlli a tappeto e dopo le verifiche spuntano i tesoretti degli inquilini delle case popolari. C’è il caso eclatante dell’assegnatario dell’alloggio che ha dichiarato zero euro nel 2014 e 517.000 nel 2016, o quello che nel 2014 ne dichiarava 2.000 e si è scoperto averne 124.000 nel 2016. O la persona che prima dichiarava di avere reddito zero, e poi due anni dopo esce fuori che ha un “tesoretto” di 282.000 euro. Sono tre tra i trenta che, dopo le ispezioni fatte, ora devono lasciare le case Erp (Edilizia residenziale pubblica) e che hanno un anno di tempo per riconsegnare le chiavi. Otto, peraltro, lo hanno già fatto.

Stretta di Agenzia delle entrate

Sono dunque una trentina, ha fatto sapere ieri in una nota l’amministrazione comunale, i procedimenti di decadenza per le case popolari già attivati nel corso del 2017 e nei primi mesi del 2018. La stretta è stata possibile in seguito all’applicazione di alcune importanti novità normative e alla possibilità per l’Agenzia delle entrate di accedere e controllare i redditi e patrimoni mobiliari dichiarati dagli assegnatari. Tra le norme, c’è in particolare quella regionale in tema di edilizia residenziale che ha modificato i requisiti per l’accesso e la permanenza in Erp e le modalità di calcolo e l’applicazione dei canoni di locazione.

Patrimonio mobiliare

Le modifiche più sostanziali sono proprio nell’ambito della permanenza nelle case popolari, con alla base la volontà di favorire la progressiva autonomia dei nuclei familiari in un particolare momento di difficoltà e il turnover e mobilità nelle assegnazioni. Da qui la verifica alla quale il Comune di Rimini sta partecipando in rete con gli altri organi. Con gli strumenti di controllo si vogliono scoprire i “furbetti”, che hanno un differenziale molto alto tra il patrimonio mobiliare dichiarato nel 2014 e nel 2016.

Gli altri casi stanati

Oltre ai tre casi di assegnatari “beccati” già citati, sempre a Rimini ci sono quelli di due dichiarazioni che passano dai zero euro del 2014 a, rispettivamente, 182.0000 e 89.000 due anni dopo. O quello dell’occupante che da un patrimonio dichiarato di 17.000 euro, passa nel 2016 a 91.000 e un altro che da 2.000 arriva a 107.000 «Si tratta prima di tutto di stabilire un concetto di equità sociale - chiarisce Gloria Lisi, vicesindaco con delega alla Protezione sociale -. La priorità è permettere ad un numero maggiore di famiglie in attesa, e in regola con i requisiti, di usufruire di questo strumento di welfare». Quindi, favorire il turnover e la mobilità «diventa una priorità per far scorrere le lista di attesa e dare il maggior numero di risposte alle tante famiglie che ne fanno richiesta». Anche perché, conclude Lisi, «ristabilire la giustizia e le regole vuol dire soprattutto garantire aiuto e sostegno a chi e davvero è in difficoltà».

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