Figlia fra i rifiuti, ex accumulatori seriali a processo

Rimini

RIMINI. I due genitori saranno processati a giugno con l’accusa di maltrattamenti nei confronti della figlia minorenne, costretta a dormire in una nicchia tra i rifiuti, ma a dispetto del rinvio a giudizio quello davanti al giudice sembra per loro un nuovo inizio. Lui in giacca e cravatta, lei con il tailleur e i tacchi, impeccabili come a una festa di matrimonio. Dimostrazione evidente che hanno fatto pulizia delle scorie del passato, attraverso un percorso doloroso alla fine del quale potranno riprendersi la figlia, indipendentemente dall’esito del processo che li aspetta. La coppia, solo un anno e mezzo fa, viveva in un appartamento maleodorante, invaso da rifiuti, cartacce, cibo scaduto, pentole incrostate e oggetti di ogni tipo. Il disperato attaccamento alle cose, ciascuna legata a un ricordo o almeno a un momento vissuto, non è una forma di attaccamento alla vita? Ognuno, evidentemente, riempie i propri vuoti a modo suo. Quello che è scattato tra i due coniugi privi di problemi economici, qualcuno dice dopo un lutto, è stato un complice meccanismo di accumulo compulsivo di manufatti, arnesi, prodotti, suppellettili, confezioni, che li ha portati in poco tempo a disinteressarsi all’igiene della casa. Più lo spazio fisico si restringeva attorno a loro, più stava. Vittime di un disturbo ossessivo-compulsivo, si sono trasformati in breve in due “accumulatori seriali”, incapaci di buttare via perfino la spazzatura. Sottrarre spazio vitale a se stessi, può anche andare, fare la stessa cosa alla propria figlia, una adolescente presa di mira a scuola perché trascurata, può costare caro: i servizi sociali sono intervenuti nell’ottobre 2016. La prima conseguenza è stata l’immediato e temporaneo affidamento ai Servizi sociali della ragazzina (pm Davide Ercolani e polizia municipale). Prima che lo stile di vita “malato” contagiasse la figlia, lasciata - stando al capo di imputazione - in «uno stato di abbandono morale e materiale» costretta a dormire in una nicchia tra oggetti e rifiuti nella propria stanza. Eppure adorano quella “bambina” e si difenderanno (sono difesi dagli avvocati Alfonso Vaccari e Angelo Trezza) spiegando di non averle mai fatto mancare niente, tanto meno l’affetto, neanche quando erano circondati di oggetti (tra quelli che proprio non volevano lasciare andare via c’erano i trofei sportivi di quando era piccola). La dimostrazione è proprio il risultato del percorso terapeutico che hanno seguito, prima a forza e poi consapevolmente, che li ha portati, una volta “guariti”, a rientrare a casa, a renderla un ambiente sano e pulito, e a riannodare il legame con la figlia (ancora in una struttura protetta, con l’avvocato Mario Gamberini come curatore speciale e l’avvocato Martina Montanari “difensore” di parte civile). La prospettiva che la famiglia possa riunirsi presto, a questo punto, per la coppia non è importante: è l’unica “cosa” che conta.

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