Soldi rubati agli spacciatori e prove distrutte, vigili arrestati

Rimini

RIMINI. Rubavano soldi agli spacciatori e mettevano a verbale solo una parte dei contanti sequestrati in quanto provento dello smercio di sostanze stupefacenti. Fatti accaduti, secondo l’accusa, non a Brooklyn negli anni Settanta, ma nella Rimini dei giorni nostri, sebbene gli investigatori abbiano ribattezzato l’operazione “Old Frank” in onore di Serpico, il leggendario poliziotto americano in guerra contro la disonestà dei suoi colleghi. Anche in questa storia, infatti, come si vedrà, c’era qualche mela buona: la maggior parte però era “marcia” stando almeno all’inchiesta della Guardia di finanza di Rimini con il coordinamento del pm Davide Ercolani.

Il Nucleo ambientale

Il “cesto” è il Nucleo ambientale della polizia municipale di Rimini: un manipolo di dodici vigili strappati al traffico per contrastare la microcriminalità in città. Il gruppo guidato da una donna (del tutto estranea ai sospetti), dopo una attività ventennale ricca di successi e riconoscimenti, è stato smantellato due anni fa, in concomitanza con l’avvio dell’inchiesta. Il terremoto rischia di travolgere i tre quarti del reparto.

Ieri, infatti, tre agenti sono finiti ai domiciliari per peculato (Guglielmo Parise, 57 anni; Giacomo Cilio, 48 anni; Gilberto Guidi, 56 anni) mentre un quarto destinatario è irreperibile; altri cinque vigili sono indagati a vario titolo (le ipotesi vanno dall’abuso d’ufficio al rifiuto d’atti d’ufficio, dal favoreggiamento personale al falso in atto pubblico, passando per la soppressione distruzione e occultamento di atti veri, fino alle percosse, alle perquisizioni e ispezioni personali arbitrarie e alla violenza privata).

Coinvolto avvocato

Risulta coinvolto, a margine della vicenda, anche un avvocato: è indagato di ricettazione per avere accettato come onorario la somma di 2.700 euro che i vigili avrebbero omesso di sequestrare nel corso di una perquisizione. Il legale, convinto di poter chiarire tutto al più presto, sarà interrogato nei prossimi giorni (quei soldi dal suo punto di vista erano “liberi” e il professionista, a fronte di un’attività effettivamente svolta, li ha tra l’altro regolarmente fatturati).

La nascita dell’indagine

L’indagine nasce nel gennaio 2016. Il sospetto che alcuni degli agenti infedeli si siano appropriati dei soldi recuperati nel corso di una perquisizione nell’abitazione di uno spacciatore, emerso nel corso di un’intercettazione ambientale, viene messo nero su bianco anche in una doppia annotazione della stessa comandante del reparto (sia il procuratore capo di Rimini Elisabetta Melotti sia gli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria delle fiamme gialle hanno sottolineato la collaborazione della Municipale). A denunciare la sparizione di millequattrocento euro in contanti e di un paio di occhiali firmati, in quel caso, era stata la fidanzata dell’arrestato. L’attenzione su quella vicenda (per la quale il Gip non vede neppure i gravi indizi di colpevolezza), però, porta alla luce attraverso una serie di testimonianze (molte delle quali da prendere con le molle) quello che appare un “sistema” inaccettabile. Il Gip Pasini evidenzia «un modus operandi» dei principali indagati, per i quali il pm Ercolani aveva chiesto il carcere, «poco professionale, corretto e attento». Ma soprattutto la «mancanza di remore che ha connotato il loro agire e il disinteresse per i riflessi negativi derivanti dal loro disinvolto operato sulla credibilità della funzione pubblica esercitata, rivelano capacità criminale».

Dai furti alle percosse

I trentuno episodi ricostruiti dagli investigatori parlano di furti di denaro, telefonini e altri oggetti tecnologici agli spacciatori tratti in arresto e ai loro familiari (tutti stranieri e in particolare extracomunitari del Nordafrica o dell’Europa dell’Est), percosse, minacce, perquisizioni arbitrarie. Perfino dopo l’avvio dell’inchiesta i comportamenti di alcuni sono tutt’altro che specchiati: c’è chi ha scovato e distrutto le microspie nascoste nell’auto di servizio e chi ha buttato via la documentazione delle indagini finite sotto la lente della procura. Anche una volta trasferiti ad altri incarichi, alcuni dei coinvolti avrebbero continuato, diversamente e in contrasto con i servizi loro assegnati, a controllare e identificare soggetti stranieri nelle zone dello spaccio. Di lì il pericolo di recidive o inquinamento probatorio. All’indagine del sostituto procuratore Davide Ercolani, guardano con un certo interesse anche vari penalisti: tra loro c’è chi in passato avrebbe raccolto delle testimonianze di clienti che asserivano di aver ricevuto trattamenti poco ortodossi da parte del Nucleo ambientale della municipale.

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