Ishak nasce senza esofago: prodigio all'ospedale Infermi
Adesso è stato operato, sta molto meglio, martedì è stato dimesso dopo cinque mesi di degenza e per la prima volta è andato a casa sua a Brisighella, dove lo attendevano i genitori, la nonna e le due sorelline che non sapevano nulla del suo arrivo. Come si dice: festa a sorpresa.
La malattia
Con l’aiuto della dottoressa Ancora, ripercorriamo l’odissea di Ishak. Nasce a Rimini il 2 ottobre, ma già le ecografie durante la gravidanza avevano messo in luce la patologia: l’esofago non si era sviluppato.
Ovviamente all’ospedale Infermi è già tutto pronto. Bisogna intervenire subito per sigillare una fistola, applicare un sondino e impedire alla saliva di finire nei polmoni. Ci pensano il dottor Luigi Lazzari e il team di chirurghi della Chirurgia pediatrica diretta dalla dottoressa Silvana Federici. Fatto questo, c’è poi da intervenire sui due monconi di esofago, il superiore e l’inferiore, troppo distanti fra loro. Ma è presto, Ishak è troppo piccolo. Deve restare in ospedale, notte e giorno. Per consentirgli di mangiare i sanitari praticano un forellino nella pancia per fargli arrivare un sondino direttamente nello stomaco e quindi nutrirlo. Alla nascita “Isacco” pesa due chili e seicento grammi, adesso è un bel bimbo di sei chili.
Tutti per “Isacco”
Allora. Nato il 2 ottobre, Ishak viene operato il 12 febbraio. E per tutti questi mesi è accudito ovviamente dalla mamma che però nel fine settimana torna dalle altre due figlie, così subentrano le carezze delle volontarie delle “Mani che coccolano” e della “Prima coccola”.
Grazie all’operazione eseguita dal dottor Vincenzo Domenichelli, i due monconi di esofago vengono uniti: è stato necessario attendere alcuni mesi prima dell’intervento per farli sviluppare e avere maggiori probabilità di successo.
Ora Ishak è a casa, dovrà tornare a Rimini per i controlli, succhia il latte dal seno materno e dal biberon, ha ancora il sondino nello stomaco perché l’alimentazione deve essere comunque integrata.
«Ci ha messo un po’ a capire che la bocca poteva regalare anche stimoli buoni – racconta la dottoressa Ancora –. Prima per lui deglutire era solo fonte di fastidio e sofferenza, ora piano piano si sta abituando ai nuovi sapori e agli stimoli positivi. Se lo merita proprio, per cinque mesi è stato un piccolo guerriero».